Provate a chiedere ad un vostro conoscente o ad un vostro collega quali sono le due priorità a livello internazionale per le economie sviluppate ovvero le tematiche più critiche che preoccupa l’establishment occidentale ? Non stupitevi se vi sentirete dire l’austerity, il salvataggio della Grecia, il rischio geopolitico in Ucraina, le tensioni in Nord Africa oppure l’avanzata del terrorismo islamico in Medio Oriente. La maggior parte delle persone è fortemente influenzata da quanto viene trattato dai talk show nazionali o dai titoli da prima pagina della stampa nazionale. Solitamente quando think tank o lobby di potere perseguono un determinato risultato od obiettivo, astutamente quest’ultimo non viene sbandierato, anzi di solito queste ultime fanno puntare i riflettori su qualcosa di passeggero o insignificante che grazie alla pomposità dei vari media diventa l’argomento core del momento, quello che cattura l’attenzione dell’opinione pubblica e la tiene incollata per settimane su congetture ed elucubrazioni prive di finalità pratica. Se ogni tanto vi chiedete se esiste qualcuno che stabilisca la strada da percorrere negli anni a venire e lo fa per intere nazioni e popolazioni, potete scommettere tutto quello che avete che è proprio cosi. Deltronde l’ordine, inteso come quella disciplina che designa i criteri in base ai quali si definiscono le gerarchie tra gli essere umani, è il pilastro fondante che garantisce la sopravvivenza e la predominanza della nostra specie.
In questo momento epocale stanno convergendo gli interessi e gli obiettivi di due gruppi di establishment in parte di natura politica ed in parte di ingerenza finanziaria. Le due priorità mondiali a livello istituzionale sono inquietanti, nel senso che non possono essere trattate a livello mediatico in quanto innescherebbero possibili fenomeni di destabilizzazione politica internazionale che potrebbero compromettere l’ordine di cui abbiamo sopra parlato. Qualcuno parla di Nuovo Ordine Mondiale, non è tanto il nome che conta, quanto l’obiettivo a cui si vuole arrivare. Crescita demografica della popolazione umana e sostenibilità finanziaria dei modelli di welfare nelle economie avanzate. Questi rappresentano i due topics per le elite da gestire e da risolvere mediante una soluzione ordinata. Paradossalmente queste elite hanno obiettivi fra di loro antagonisti, tuttavia al momento stanno convergendo ad una soluzione condivisa tra le parti, direi quasi di ottimo paretiano (da Vilfredo Pareto). Non può avere alcun futuro un mondo in cui sette miliardi e 300 milioni di esseri umani (oggi) vogliono vivere tutti con lo stesso stile di vita: un mondo in cui la popolazione cresce al netto delle morti di oltre 200 mila individui al giorno ha un solo futuro certo e repentino, l’auto-distruzione. I paesi con i più alti tassi di natalità si trovano oggi in Africa: Nigeria, Egitto, Etiopia, Congo, Tanzania, Uganda, Sudan, Camerun, Angola, tutti sopra il 4.00 ed alcuni addirittura oltre il 6.00 (significa una media di sei figli per donna, contro invece il 1.4 dei paesi europei core).
Da una parte abbiamo un mondo che cresce senza freni inibitori e dall’altra quasi antiteticamente un altro mondo che non vuole più figliare e deve garantire un determinato stile di vita (assistenza, pensioni, sanità, degenze, cure) alle popolazioni più ricche. Entrambe sono due bombe che vanno disinnescate quanto prima. Statisticamente e storicamente è dimostrato che un miglioramento consistente del tenore economico produce un vistoso abbassamento dei coefficenti di natalità, in particolar modo se vengono intraprese anche artificiose politiche di emancipazione economica della donna. La Cina oggi si trova proprio ad affrontare questo pay-off, le ragazze cinesi non si vogliono più sposare, preferiscono puntare allo stile di vita di Sex & The City. Pertanto negli anni a venire si dovranno canalizzare decine di milioni di africani in Europa in modo da garantire nuova contribuzione economica a supporto della sostenibilità finanziaria del welfare europeo. Programmi volti ad aumentare il benessere economico (si chiama globalizzazione) in Brasile, Messico e Sud Est Asiatico sono da anni in corso con notevole successo (abbassamento medio da 4.00 a 2.00 del coefficente di natalità). Nei prossimi cinque anni i maggiori contributi alla crescita demografica mondiale (stima di 8 miliardi entro il 2020) li daranno Nigeria, Pakistan e Bangladesh (circa 2/3 di 700 milioni di nuove persone).
In parallelo a questo sono stati varati a livello propedeutico anche politiche sociali, sapientemente supportate dal volano mediatico, volte a produrre confusione e disorientamento sessuale (destabilizzazione della famiglia eterosessuale, ambiguità e diversità sessuale) necessarie per poter raggiungere, presumibilmente entro il 2040, la pianificazione delle nascite su scala mondiale in grado di consentire il mantenimento sostenibile della popolazione umana. Chi legge penserà che sono impazzito o qualcosa del genere, lo invito solo a mantenersi in forma per quella data in modo da potersi riscontrare analiticamente sul mondo che ci troveremo a vivere. Ne ho parlato anche lo scorso anno in un precedente post con un taglio più antropologico, sono rimasto stupito nell’apprendere come quel redazionale sia stato in assoluto il più letto di tutti in questi ultimi dieci anni all’interno del mio blog, superando addirittura i commenti e le analisi del fallimento Lehman Brothers o la crisi del debito sovrano nell’estate del 2011. In un pianeta in cui la specie dominante ed anche quella più invasiva per l’ambiente e la coesistenza delle altre specie cresce al ritmo di un milione di individui ogni cinque giorni si deve, per definizione e per spirito di sopravvivenza, mettere la crescita demografica ed il suo contenimento come priorità assoluta davanti a tutto. In caso contrario quello a cui oggi siamo abituati a dare valore scomparirà più velocemente di quello che possiamo immaginare.