Abbiamo visto nell’editoriale precedente che durante il triennio 2013/2015 (Letta/Renzi) la spesa corrente è aumentata di 57 MLD, mentre la spesa in conto capitale tutto sommato è diminuita di un dieci per cento passando da 44 MLD a 40 MLD (sono diminuiti gli investimenti in capitale finanziario, leggasi banche & company). Il rimborso delle attività finanziarie nel 2015 ha raggiunto una della quattro massime letture storiche di sempre con 233 MLD di debito rimborsato: il record lo vanta il 2010 con 259 MLD di rimborsi. Lo ripeto allo sfinimento, fate attenzione a non confondere il rimborso del debito con gli interessi sul debito stesso. Il 2015 in ogni caso ha prodotto un nuovo record ossia quello relativo alla spesa corrente con 574 MLD. La Legge di Bilancio 2016/2018 stima una riduzione di questa posta durante il 2016, 2017 e 2018 con una proiezione a 570 MLD per appunto l’ultimo anno del triennio: stiamo a vedere se a consuntivo questo verrà confermato. Pertanto al momento attuale possiamo dire che il 2015 rappresenta l’anno in assoluto più costoso, storicamente parlando, per l’amministrazione pubblica dello stato. Quando sentite dire ci vorrebbe un taglio della spesa pubblica che produca uno shock fiscale di diverse decina di miliardi, non è niente di impossibile, si tratterebbe ad esempio con 100 MLD di riportare la spesa ai livelli del 2008 ossia dai 574 MLD del 2015 ai 469 MLD del 2008. Da un altro punto di vista possiamo dire che dal crash di Lehman Brothers (15-09-2008) ad oggi il nostro Paese necessita di 100 MLD in più per sostenersi: alla faccia della spending review. Il debito pubblico e la sua gestione in tal senso hanno inciso relativamente poco, nonostante sia aumentato di quasi il 10% durante il medesimo lasso temporale grazie soprattutto alla discesa dei tassi di interesse (passati da 82 MLD nel 2013 a 74 MLD nel 2015).
Cerchiamo a questo punto di focalizzarci sulla disinvolta salita della spesa corrente per capire quali missioni della politica di bilancio abbiano prodotto questo consistente aumento in rapporto invece ad una contrazione rilevante degli interessi sul debito. Concentrandoci solo sul 2015 (piena operatività del Governo Renzi) l’aumento della spesa corrente rispetto al 2014 è pari a quasi 31 MLD ossia quasi il 50% di aumento della spesa pubblica di parte corrente prodotto durante la finestra temporale che va dal 2013 al 2015: si tratta di un dato molto significativo che purtroppo non ha avuto la dovuta visibilità in ambito mediatico dalla stampa nazionale. Voglio ricordare a tal fine che quando sentite dire durante un telegiornale che Renzi è riuscito ad ottenere maggiore flessibilità dalla UE, questa notizia è tutt’altro che positiva per il contribuente. In termini pratici il tutto si traduce in un permesso che viene concesso a chi governa ad aumentare corposamente le spese correnti rispetto al totale delle entrate, per dirla in termini ulteriormente semplificati, significa spendere risorse che non si hanno, addebitandole al debito pubblico complessivo. Il Governo Renzi al pari di tanti altri nel passato sostanzialmente guida il Paese attuando un ricorso sistematico al deficit di bilancio (differenza tra entrate, uscite e interessi sul debito in costante saldo negativo). Questo è un tipico malcostume italiano nel governare la cosa pubblica ossia spendere sempre più di quello che ci si può permettere di spendere per ovvie ragioni di consenso con gli elettori. Il ricorso al deficit di bilancio (che ovviamente si traduce in un aumento del debito pubblico) deve essere sempre sporadico e soprattutto occasionale: ad esempio quando si verificano eventi che un governo non può prevedere in anticipo e le cui conseguenze necessitano di interventi di spesa non programmati (pensiamo agli effetti deleteri di un terremoto).
Torniamo tuttavia a noi e vediamo quali sono le missioni che hanno contribuito a generare questo aumento consistente di spesa corrente. Per fare questo bisogna utilizzare una tavola di raccordo predisposta dalla Ragioneria dello Stato tra il 2014 ed il 2016: sostanzialmente la Legge di Bilancio 2015 ha adottato una nuova contabilizzazione di finanza pubblica mediante la classificazione per missioni e programmi, mentre le precedenti si basavano su singole unità gestionali. Ovviamente questa nuova modalità di rilevazione contabile non permette il confronto con gli anni passati: adesso capite perchè l’analisi del Bilancio dello Stato non è un tema di facile analisi ed approfondimento. Comunque stando a questa nuova raccordo di dati riclassificati in rispetto della nuova struttura del Bilancio dello Stato possiamo dire che le missioni che assorbono maggiori risorse sono rispettivamente la Numero 3 (Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali) con 131 MLD ossia i trasferimenti agli enti locali (soprattutto regioni), la Numero 25 (Politiche previdenziali) quindi la contribuzione previdenziale obbligatoria con 103 MLD e la Numero 29 (Politiche economiche finanziarie di bilancio) con 68 MLD la quale riepiloga i costi di molteplici attività di gestione dello Stato tra loro contigue (si va dalla gestione e coordinamento delle varie agenzie fiscali sino all’attività di polizia finanziaria svolta dalla Guardia di Finanza). Al quarto posto con una dotazione inferiore troviamo la Numero 22 (Istruzione scolastica) con 41 MLD.
Le missioni che hanno visto elevati incrementi di costo (per competenza) sono la Numero 3 (trasferimenti agli enti locali) per 10 MLD, la Numero 11 (Competitività e sviluppo delle imprese) che ha visto un aumento di quasi 11 MLD (sostanzialmente sgravi alle imprese, leggasi conseguenze del Jobs Act sugli oneri sociali a carico delle imprese), la Numero 25 (politiche previdenziali) con un aumento di 9 MLD ed infine la Numero 24 (Politiche sociali e famiglia) che aumenta di 1 MLD (sostanzialmente un aumento dei trasferimenti a favore dei programmi di assistenza e spesa sociale, che nel complesso assorbono 34 MLD). Le altre missioni non hanno avuto sostanziali incrementi o decrementi, se non al di fuori di qualche centinaia di milioni. Per questa ragione troviamo la Missione Giustizia (Numero 6) che costa 7.8 MLD nel 2015, in linea con il passato e senza scossoni previsti per il futuro: della serie la Giustizia va bene così per come si trova e vediamo di tenercela tale sia oggi che domani. La Missione Difesa e Sicurezza del territorio (Numero 5) che passa da 20.13 MLD del 2014 ai 18.60 previsti per il 2016, quindi in contrazione (proprio le risorse dedicate alle forze della Marina Militare sono state quelle a subire i maggiori tagli). La Missione 17 (Ricerca e innovazione) già ridicola di suo per le risorse che le vengono assegnate, nel 2014 poteva contare su 2.82 MLD, che nel 2015 sono diventati 2.62 (ossia 200 milioni in meno che sono comunque tanti per questa categorizzazione di spesa, infatti si tratta di una contrazione di quasi il 10%).
Sostanzialmente quindi il Governo Renzi si è occupato di foraggiare i tipici serbatoi di voti da cui attinge il PD: dipendenti pubblici, amministratori e funzionari pubblici, soprattutto del MIUR, pensionati dal reddito basso, disoccupati, extracomunitari e grandi imprese industriali, mentre di fatto nulla di meritevole è stato fatto a favore della piccola e media impresa, il popolo delle partite IVA, i risparmiatori italiani ed i liberi professionisti. Niente è stato concepito per la messa in sicurezza del debito pubblico che durante il triennio 2013/2015 ha prodotto record su record. Infine fatemi chiudere con la Missione 27 (Immigrazione ed accoglienza) caratterizzata da un trend in poderosa ascesa con 1.6 MLD nel 2014, 1.8 MLD nel 2015 e 2.40 attesi per il 2016. Il DEF 2016 (Documento di Economia e Finanza) invece stima per questa spesa categorizzata (non la sola missione in sé) la cifra di 3.43 MLD per il 2016 in caso di scenario costante sui flussi migratori e addirittura sempre per lo stesso anno la cifra di 4.22 MLD in caso di scenario in crescita dei flussi migratori. Questo è frutto di una stima autonoma della Ragioneria Generale dello Stato che tiene conto della spesa per l’accoglienza, per il soccorso in mare e per i riflessi immediati su sanità e istruzione (cosa che invece non viene conteggiata nei costi della singola missione così come concepita dal Governo). Le spese che crescono maggiormente sono l’accoglienza e la prima assistenza (che passano da 684 milioni del 2014 a 1.84 MLD previsti per il 2016) mentre la voce trasporti (incluse le operazioni di soccorso) rimangono tutto sommato stazionarie limitandosi a quasi 900 milioni attesi per il 2016. Ricordo che il DEF è presentato e firmato da Renzi e Padoan, pertanto è il Governo stesso che si fa garante e diffusore di tali importi. Proprio quanto potete trovare in seno al DEF relativamente all’emergenza migranti e costi connessi vi fa comprendere l’essenza della falsa retorica perbenista con cui il PD sta da diversi anni ingannando gran parte della nazione. Cito testualmente quanto riportato dal DEF: “Le spese sostenute (in merito all’emergenza migranti negli anni 2015 e 2016) derivano in larga parte dalla posizione geografica dell’Italia, considerata prevalentemente un paese di transito dei rifugiati. A fronte del costo sostenuto nel breve termine, questo fattore riduce la potenzialità per l’Italia di ricevere un beneficio economico di medio-lungo periodo derivante dall’integrazione dei migranti nel tessuto produttivo, che sarà invece valorizzato nei vari paesi di destinazione finale.