Il mercato delle criptovalute si appresta a superare i 500 miliardi di dollari di capitalizzazione complessiva entro la fine dell’anno. Quello che deve fare maggiormente riflettere è rappresentato dalla percentuale di dominanza del Bitcoin ormai prossima ai 2/3 della capita-lizzazione mondiale complessiva. Ad oggi il Bitcoin pesa da solo per il 62% ossia 285 miliardi. La differenza tra la seconda e la terza criptovaluta in termini di capitalizzazione è decisamente notevole: Ethereum ha da poco superato i 50 miliardi, mentre il Bitcoin Cash appena (si fa per dire) 25 miliardi, quindi un 1/10 del fratello maggiore da cui ha è stato gemmato a fronte di un discusso forking. Al quarto e quinto posto troviamo a pari merito IOTA e Litecoin, ciascuno con i suoi 13 miliardi di dollari di capitalizzazione complessiva. Se andassimo avanti così scopriremmo che la criptovaluta in centesima posizione per capitalizzazione mondiale (Achain) muove appena 87 milioni di dollari. Il 2017 è innegabile che abbia avuto come protagonista finanziario indiscusso il Bitcoin, nel bene e nel male. Dalla seconda metà dell’anno è diventato l’argomento mediatico con la maggior ridondanza in assoluto su tutto e su tutti. La recente quotazione del future al CBOT ha infiammato ulteriormente le quotazioni spingendo la criptovaluta da 15.000 a 17.000 dollari in poche ore. L’operatività tuttavia sulla borsa dei contratti futures non è stata affatto lineare e pacifica: abbiamo assistito in più occasioni a blocchi di operatività da parte dell’autorità di vigilanza finanziaria.
Gli outlook sul futuro della quotazione sono completamente speculari: chi sostiene che il prezzo salirà spinto dalla istituzionalizzazione finanziaria del Bitcoin e chi sostiene che presto collasserà a seguito delle posizioni speculative che verranno via via aperte dagli hedge funds che aspettano come lupi siberiani la quotazione del secondo future sul CME prevista per il 18 Dicembre per aggredire il gregge degli acquirenti dell’ultima ora. Al momento attuale nessuno può fare previsioni attendibili in quanto il fenomeno finanziario non ha precedenti storici se non riconducibili all’esuberanza irrazionale di note bolle del passato. Tuttavia una considerazione oggettiva sul valore intrinseco del Bitcoin è stata fatta in più di una occasione senza avere ricevuto per questo dissenso anche dalla medesima comunità degli sviluppatori e dei suoi utenti: infatti il valore intrinseco del Bitcoin è zero. Su questo aspetto spesso non ci si sofferma con la dovuta attenzione. Che cosa accadrebbe infatti se a livello normativo dovesse essere bandito da qualche authority come già tra l’altro accaduto ? Che cosa accade alla quotazione se in Europa dovesse essere considerato illegale per le transazioni commerciali: ipotesi tutt’altro che remota visti i dilemmi sulla fiscalità. Discorso a parte merita dopo l’efficienza nelle transazioni che consente il Bitcoin. Per comprendere questo passaggio vi faccio un esempio per analogia. Qualcuno di voi accetterebbe di pagare per un bonifico un costo di transazione di 50 euro sapendo che l’accredito arriva dopo due settimane ? Questo è quanto sta accadendo alle varie blockchain nella constatazione che vi sono ormai già tre livelli di evoluzione.
Una Median Transaction Value in BTC si aggira sui 0.069 BTC (circa 1.167 USD), costa 14 dollari e necessita di quasi nove minuti per avere una conferma di mining sul blocco successivo. Una Median Transaction Value in ETH (Ethereum) si aggira sui 0.031 ETH (circa 16 USD), costa 0.43 dollari (mezzo dollaro) e necessita di 14 secondi (non minuti) per essere minata. Una Median Transaction Value in LTC (Litecoin) si aggira sui 2.86 LTC (circa 690 USD), costa 0.079 dollari (praticamente otto centesimi) e necessita di due minuti e tredici secondi per essere minata con il blocco successivo. Solo questi dati in sintesi estrema vi dovrebbero far comprendere l’essenza del Bitcoin ossia una moneta basata su una tecnologia ormai troppo costosa e troppo lenta. In tal senso si devono fare rientrare i vari warning che sono stati emessi sul Bitcoin: ovviamente la stragrande maggioranza di chi sta comperando ed ha acquistato Bitcoin non pone attenzione a questo aspetto. Vi è di più: l’operatività sui conti degli exchange è discrezionale. Questo significa che se avete un conto per negoziare in criptovalute ed avete come saldo attivo alcune unità di Bitcoin sul vostro conto (non nel wallet) non è assolutamente sicuro che sarete in grado di venderle con un time to market istantaneo. Infatti questo rappresenta uno dei rischi principali quando si negozia in criptovalute ossia in caso di elevata volatilità ed operatività anomala i servers degli exchange non sono in grado di far fronte al volume delle richieste e pertanto vanno offline impedendovi di chiudere o aprire una posizione.
Pertanto potrebbe accadere che una posizione lunga in Bitcoin costruita con prezzi addirittura inferiori ai 10.000 euro potrebbe convertirsi in poche ore in una pesante perdita a seguito di una improvvisa inversione di trend che fa crashare i server di numerosi exchange ed obbliga a chiudere in equity negativa. Vi sono ormai troppi elementi discriminatori che fanno comprendere come quello che sta accadendo alle quotazioni sia solo conseguenza di una tipica esuberanza irrazionale: voglio i Bitcoin perchè non si parla d’altro e non perchè qualcuno lo necessita per esigenze di pagamento online. In presenza inoltre di numerosi competitors più efficienti e meno costosi è piuttosto presumibile aspettarsi nel lungo termine un valore prossimo allo zero di questa criptovaluta. Questo non significa che nel frattempo la follia umana porti la quotazione ulteriormente ancora più in alto. Il quadro potrebbe mutare se invece il Bitcoin venisse ufficialmente considerata come unità di conto al pari di altre monete da paesi come USA ed Europa. Cina e Russia per adesso hanno fatto scuola limitandone gli utilizzi (divieto sulle ICO). Termino questo post con queste due ultime considerazioni: se proprio volete continuare a stare dentro la mischia cercate di appoggiarvi almeno ad exchange molto liquidi e robusti in termini di stabilità ricordando che spesso la quotazione delle criptovalute risulta molto differente da un exchange all’altro anche in tempo reale. Sapete quando e dove è stato creato il primo contratto future primordiale nella storia del capitalismo umano ? Dobbiamo andare al 1636 alla Borsa di Amsterdam: si trattava del contratto future sul prezzo di un bulbo da tulipani. Dopo sappiamo come è andata a finire.