Tra il 12 ed il 14 Ottobre si è svolto il consueto Annual Meeting del Fondo Monetario Internazionale che si è tenuto a Bali in Indonesia: come ogni anno l’intento dell’incontro è delineare quali saranno le possibili evoluzioni dell’economia mondiale soprattutto a fronte dei nuovi recenti scenari internazionali. L’economia mondiale cresce ad un ritmo con impulso superiore rispetto a quello del 2017: negli Stati Uniti, in Germania ed in Giappone la disoccupazione ha raggiunto i livelli più bassi dall’inizio della crisi finanziaria del 2008. Tutte le grandi banche internazionali oltre che essersi rafforzate sono tornate a concedere credito. I mercati finanziari, al di là delle recenti contrazioni, hanno corso per un periodo molto prolungato senza particolari momenti di preoccupazione. Nonostante questo scenario presuntamente idilliaco, il panel di analisti ed economisti del FMI intervenuti a Bali non hanno fatto altro che confrontarsi sugli impatti finanziari ed economici della prossima (attesa) recessione mondiale e se soprattutto i governi delle economie occidentali saranno preparati ad affrontarla. L’analisi dello scenario mondiale fa infatti emergere ormai rischi oggettivi più vicini che lontani: non si tratta infatti di timori per l’anno in fase di chiusura ma per i prossimi che abbiamo innanzi.
La preoccupazione principale è insita sulla constatazione che numerose nazioni in passato trovatesi in affanno finanziario e pesante contrazione economica non abbiamo approfittato del clima a loro molto favorevole per rafforzare la loro economia e per razionalizzare la contabilità dei conti pubblici o meglio risanarli in alcune casistiche. Per questo motivo sappiamo già oggi che una eventuale e possibile tempesta tropicale sui mercati finanziari potrà produrre una inondazione in stile tsunami in quelle economie che sino ad oggi sono state alla finestra o si sono oclocraticamente rifiutate di effettuare delle riforme alla spesa pubblica. Oltre a questo tema che interessa purtroppo anche il nostro Paese, vi sono i rischi legati alla trade war tra USA e China, il crollo di quasi tutte le valute dei paesi emergenti, il rialzo del prezzo del petrolio, l’ascesa dei populismi europei che producono incertezza ed instabilità soprattutto nel Regno Unito con la Brexit ed in Italia per la recente manovra finanziaria considerata troppo disinvolta e poco prudente per la sostenibilità delle finanze pubbliche nel medio e lungo termine. Proprio Raghuram Rajan, chief economist del FMI che nel 2006 allertò le comunità finanziarie dei rischi che si stavano delineando (al pari di Nouriel Roubini) sta evidenziando come gli attuali squilibri internazionali stiano creando vulnerabilità all’intera economia mondiale.
Crescita statunitense con il turbo, crescita europa asfittica e disomogenea, attese di rialzo dei tassi in tutte le economie avanzate, politiche monetarie in affanno nei paesi emergenti a causa del collasso delle valute emergenti. La divergenza di tali dinamiche macroeconomiche sarà presto destinata a presentarci il conto. Christine Lagarde a capo del FMI dal 2011 ha manifestato le sue preoccupazioni durante il suo intervento facendo comprendere come l’economia mondiale non sia sufficientemente forte a contenere un cambio repentino di scenario. Proprio la super forza del dollaro statunitense rappresenta la principale preoccupazione in quanto spinge a smobilizzare gli investimenti effettuati in precedenza nelle economie emergenti per dirottarli nella locomotiva statunitense, la quale inizierà ad arrancare se proprio tali paesi dovessero peggiorare i propri driver di crescita nel complesso: Turchia ed Argentina sono due casi eclatanti dei rischi dovuti alla fuga dei capitali stranieri. Nel 2008 le economie emergenti contribuivano al PIL mondiale per il 40% mentre ora, dieci anni dopo, questa percentuale è salita oltre il 60%. Questo fa comprendere per quale motivo le più grandi case di gestione di investimento al mondo sono in situazione di allerta ed hanno attivato la modalità risk-off per la gestione dei portafogli in affidamento.
Tale dicitura rappresenta un tipico esempio di slang finanziario adottato dagli investitori istituzionali per descrivere un momento di mercato caratterizzato dalla presenza di rischi consistenti all’orizzonte, che possono essere di natura tanto economica quanto politica. Paradossalmente a quello che potrebbe pensare l’uomo medio della strada invece il termine risk-on significa l’esatto contrario e quindi condizioni di mercato supportate da ottimismo e positività, cosa che consente l’assunzione di rischi in forza di rendimenti attesi elevati. Ad ogni modo, quello che preoccupa maggiormente il FMI è rappresentato dalle consistenti misure protezionistiche varate da USA e China e dall’escalation di populismo in quasi tutte le grandi economie occidentali. Proprio Christine Lagarde ha enfatizzato durante la sua esposizione di non dimenticare in passato che cosa accadde all’economia mondiale quando si imposero trasversalmente barriere all’entrate delle merci alle frontiere. Se non vi saranno contrazioni nel prossimo semestre, questo decennio (2008-2018) sarà ricordato come il periodo storico con la più grande espansione economica del mondo dopo la Seconda Guerra Mondiale. Per questa ragione vengono emanati continuamente moniti e richiami ai paesi ancora deboli o che non si sono sufficientemente rafforzati, in quanto le dinamiche che caratterizzano la prossima recessione potrebbero essere più violente ed intense di quanto si possa immaginare visto che esaminando la storia passata non esistono epoche storiche in cui l’economia mondiale sia cresciuta cosi tanto in presenza (o in conseguenza) di una condivisa globalizzazione di mercato.