La metà degli maiali da allevamento vive in Cina, o almeno così era sino a sei mesi fa. Probabilmente per non creare panico nei consumatori, come già accaduto con la diffusione della encefalopatia spongiforme bovina nel 1995 (il cosidetto morbo della mucca pazza), tuttavia i media tradizionali si sono guardati bene (o peggio, hanno ricevuto una certa pressione) dal trattare giornalisticamente una delle piu grandi epidemie infettive che ha colpito l’industria alimentare mondiale. Stiamo parlando della African Swine Fever ossia il virus della peste suina africana che ha falcidiato gli allevamenti di maiali in Cina durante la seconda metà del 2019 portando alla perdita di quasi la metà degli stock di bestiame suino in Cina (alcune fonti sostengono 250 milioni di maiali). Ovviamente queste sono le notizie che sono trapelate ufficialmente da alcuni contenitori mediatici indipendenti, altre fonti ufficiose parlano di quasi il 75% dei maiali cinesi morti o abbattuti per l’epidemia virulenta o per limitare i fenomeni di contagio con altri capi di bestiame. Il virus causa nel suino una febbre emorragica con altissimi tassi di mortalità: si ritiene che la nascita del patogeno sia conseguente alle prime importazioni di suini in Africa da parte dei coloni portoghesi, i quali vivendo allo stato brado (range free) contrassero l’infezione per contatto diretto con un particolare tipo di zecca che parassita invece i facoceri o i potamocheri (una sorta di cinghiale africano).
A causa della filiera produttiva cinese quella che doveva essere una influenza suina si è trasformata in una epidemia letale. In Cina l’allevamento dei suini per oltre il 50% dei casi è strutturato su una immensa prateria di piccoli allevatori ubicati in aree rurali i quali non sono molto controllati e vigilati per ovvie ragioni di economie di scala. Inoltre in Cina gli animali da macello sono trasportati su lunghe distanze, peculiarità che facilita ed amplifica il potenziale di contagio su ampia scala. Proprio queste caratteristiche hanno permesso il diffondersi dell’influenza suina senza particolare controllo tanto da produrre una epidemia letale in tutta la Cina. Vi sono interi villaggi in cui un singolo maiale è ormai protetto al pari di un Panda a fronte della moria dei capi di bestiame che vi è stata nei mesi precedenti. Il prezzo della carne di maiale è talmente salito in alto che un noto centro carni cinese si sta facendo pubblicità al grido di: alleva dieci scrofe e per l’anno prossimi potrai guidare una BMW. L’epidemia ha ormai assunto una dimensione continentale tanto che si iniziano a contare i primi episodi di contagio anche oltre confine con casi di diffusione in Russia, Vietnam, Korea e Filipppine. Le autorità cinesi hanno imposto nei mesi autunnali l’abbattimento e l’incenerimento di milioni di maiali per contenere il diffondersi dell’epidemia, offrendo rimborsi economici per i maiali abbattuti o perduti a seguito dell’epidemia.
Tuttavia la due diligence per ottenere il rimborso da parte del Ministero dell’Agricoltura e degli Affari Rurali imponeva di presentare una documentazione veterinaria dettagliata che dimostrasse la malattia del bestiame ed il loro smaltimento secondo il protocollo sanitario ministeriale. A fronte di queste incombenze burocratiche, spesso difficile da evadere, decine di migliaia di allevatori hanno preferito macellare e vendere clandestinamente i loro capi di bestiame per ridurre le perdite nonostante i rimborsi promessi dal governo cinese o nel peggiore dei casi disfarsi dei corpi dei maiali morti gettandoli letteralmente lungo i fiumi o i canali di irrigazione, aumentando in questo modo la diffusione dell’epidemia, qualora la propria azienda agricola fosse in parte clandestina. La consapevolezza dei cinesi che sono state ormai immesse sul mercato immensi quantitativi di carne macellata infetta (innocua per l’essere umano, ma che continua ad incubare l’agente patogeno per diversi mesi ancora) li ha spinti a riversare i loro acquisti alimentari su altre tipologie di carne come i pollami ed i bovini. Anche per questa pazza corsa all’acquisto di carne non suina sono dovuti gli incendi pilotati nella foresta amazzonica brasilaina durante l’estate passata ossia per aumentare i pascoli ed il foraggio per il bestiame bovino necessario a far fronte all’innalzamento della domanda da parte cinese. La Cina ha iniziato a rifornirsi di carne di maiale da altre nazioni, spingendo ovviamente al rialzo il prezzo della carne suina ovunque: Italia compresa.
Il governo cinese sta letteralmente creando riserve di carne di maiale congelata per far fronte alle proprie esigenze di approvvigionamento alimentare. L’epidemia di peste suina africana sta avendo impatti macroeconomici su scala mondiale senza precedenti, facendo comprendere la fragilità dei sistemi di approvvigionamento alimentare umano nel mondo nel momento in cui si verificano shock esogeni agli stock di bestiame. Non esistono tanti maiali al mondo in grado di compensare l’attuale deficit alimentare cinese: Pechino era abituata a poter contare su circa 450 milioni di maiali, i quali ora si sono piu che dimezzati. Per questo motivo il governo di Pechino ha dato avvio ad un imponente piano di aiuti (finanziari e fiscali) per dare sostegno alle grandi aziende di allevamento di suini a discapito di quelle contadine di minute dimensioni. Entro tre anni stimano di riuscire a riportare la produzione cinese di suini ai livelli del 2018 soprattutto puntando sui cosidetti hotel per maiali (high rise hog hotel) ossia allevamenti intensivi multipiano per suini con edifici anche di dieci piani ubicati in zone prossime alle aree urbane in modo da poter avere la materia prima vicina ai consumatori. Si tratta degli allevamenti piu intensivi al mondo che arrivano ad avere anche 1000 maiali per piano: Pechino ha stimato di costruirne oltre 100 entro i prossimi tre anni. In Europa vi sono stati alcuni allevamenti sperimentali similari che tuttavia sono stati presto abbandonati in quanto il rischio di un epidemia comporterebbe l’abbattimento totale di tutti i capi di bestiame. Fatalità i primi high rise pigs hotels in Cina sono stati avviati proprio ad inizio 2018 e dopo alcuni mesi è casualmente iniziato il diffondersi del contagio.