Quando ero bambino e frequentavo le elementari, al termine di alcune giornate di scuola mi capitava di recarmi a piedi nella filiale di banca dove mio padre ricoprì il ruolo di direttore per quasi tre decenni: lì lo aspettavo in religioso silenzio sino alle 13.30 quando assieme a lui ritornavamo a casa in auto. Si può dire che in un certo senso sono figlio d’arte visto che sin dalla tenera età il primo ambiente di lavoro che ho avuto modo di vedere dal vivo è stato proprio quello di un istituto di credito. Ricordo ancora il clima che si respirava allora quando si entrava in filiale: i primi computer ancora non si vedevano, i cellulari manco esistevano, lettere e comunicazioni si scrivevano con le storiche Olivetti (Lettera 22 o con il modello elettronico d’avanguardia ET116) e le tematiche di cui parlava la clientela in attesa del proprio turno di certo non riguardavano le famigerate index linked, i finanziamenti balloon, i fondi i investimento esotici o l’obbligazione emessa da qualche paese sudamericano. La banca in questione era la Popolare di Vicenza, quando il logo distintivo di allora era decisamente diverso da quello attuale (ed a mio parere anche molto più suggestivo). Ricordo addirittura come durante la fine degli anni Settanta, su TVA Vicenza e Canale 68 Veneto andava in onda anche un simpatico mini-spot interpretato da un divertente personaggio animato battezzato Sig. Popovic (di cui possiedo ancora la statuetta).
Il mio primo investimento da adolescente fu un libretto di risparmio emesso proprio da Banca Popolare di Vicenza. Con l’avvento degli anni Novanta arriva l’ondata di nuova tecnologia al servizio del business bancario e prendono corpo le prime operazioni di privatizzazione bancaria (BNL, Credito Italiano, Banca Commerciale Italiana). L’intero settore dei servizi ed operatori bancari muta in misura significativa rispetto al precedente passato, durante il quale alla parola banca veniva sempre inconsciamente associato il termine “fiducia”. Anche la Banca Popolare di Vicenza viene contagiata dal nuovo che avanza ed in pochi anni a seguito di una intensa campagna acquisti si trasforma passando da una banca di provincia ad una banca di interesse nazionale (per volontà della nuova governance aziendale capitanata da Gianni Zonin) acquisendo Banca Nuova in Sicilia e Cariprato in Toscana, raggiungendo sino ai giorni nostri gli oltre 700 punti vendita e posizionandosi all’ottavo posto su scala nazionale per attivi detenuti. La mia esperienza professionale mi ha insegnato nel corso degli anni che quantità e qualità difficilmente vanno d’accordo. Oggi nonostante i numeri sopraesposti, la banca sta attraversando un difficile e critico tentativo di riassetto industriale soprattutto a seguito delle note vicende che hanno colpito i detentori delle azioni e messo in stato d’accusa l’attuale management.
Nel 2012 acquistai a nome dell’incubatore finanziario che ho fondato e presiedo dal 2008 un significativo numero di azioni della suddetta banca, complessivamente 1.000 azioni per un investimento di oltre sessantamila euro. All’epoca la mia compagine societaria – quasi duecento azionisti – unitamente ad altri partners e professionisti d’impresa legati alle regioni di Lombardia e Toscana, aveva programmato la creazione di un comitato di azionisti infra-regione e trasversale per coordinare un’azione di contrasto all’operato del management, responsabile a nostro modo di vedere di condurre la banca in un vicolo cieco soprattutto a fronte dell’evoluzione del business bancario che ci attende negli anni a venire (multicanalità e home banking di ultima generazione interfacciato ai nuovi dispositivi mobili). In fase ancora iniziale potevamo contare su un consenso di qualche migliaio di soci soprattutto extra Veneto. Solo io ne avrei canalizzati oltre mille in virtù della mia appartenenza ed ingerenza con il territorio vicentino. Grande consenso dell’iniziativa “underground” lo avevamo percepito soprattutto dalla Toscana. Allora il consiglio di amministrazione di Deltoro Holding S.p.A. era presieduto da me, assieme a due mie grandi amici e colleghi in qualità di consiglieri, uno residente in Lombardia e l’altro residente in Toscana. Avevamo anche registrato il dominio del comitato di soci in fase di formazione dal nome molto fantasioso www.noibanca.org. Il consenso che durante quell’anno ricevevamo lavorando dietro le quinte fu veramente gratificante e di forte aspettativa. Per migliaia di soci (soprattutto non veneti), la consapevolezza che si potesse con il tempo creare un fronte di contrasto ed una proposta alternativa per il futuro in termini di nuovo piano industriale fuori dal coro era già allora un tema molto caldo.
Purtroppo il volano che avevamo messo in moto si interruppe bruscamente ed anche tragicamente, in quanto nel febbraio del 2013, uno dei nostri consiglieri di amministrazione, nonchè azionista fondatore, nonché mentore e grande amico, ci lasciò prematuramente (a lui è dedicato il mio ultimo libro per chi mi chiede a chi si riferisce la dedica). Inutile dire che oltre al dolore emotivo e personale ed alla rilevante perdita in termine di risorse umane, il nostro incubatore subì subito una battuta d’arresto, non riuscendo a riprendersi per svariati mesi: immaginate la nazionale argentina di calcio che prima della finale di campionato perde tragicamente Messi. Proprio lui rappresentava infatti il trade d’union tra il Veneto e la Toscana, in forza del suo passato imprenditoriale e professionale nell’ambiente bancario toscano ed ovviamente per le sue stesse radici familiari in Toscana. Qualche mese dopo la sua scomparsa nella consapevolezza che la nostra missione si era ormai insabbiata ed il dramma vissuto aveva gelato i nostri animi, partecipai ugualmente all’Assemblea dei Soci della banca nell’aprile del 2013. Quando appresi della notizia di un nuovo aumento di capitale sociale per 100 milioni di euro da proporre a potenziali nuovi clienti mediante concessione di finanziamento ad-hoc per consentire loro l’acquisizione dello status di socio, mi alzai e me ne andai. Per sempre. Alcuni giorni dopo, in accordo con lo sconforto degli altri promotori, feci vendere le azioni della banca che mi vennero liquidate nel giro di qualche settimana.
Durante la mia vita professionale, sino ad oggi penso di aver intrattenuto e testato oltre cinquanta rapporti di tenuta conto corrente e di gestione di investimento online di banche e istituzioni finanziarie tanto italiane quanto estere. Mi posso permettere di fare raffronti, critiche, suggerimenti e consigli in forza anche di quanto scritto in un mio precedente bestseller (Padrone del mio denaro) all’interno del quale viene condensata a livello pratico tutta questa esperienza acquisita nel tempo. Tra il 2012 ed il 2013 ho avuto modo di testare i servizi bancari online di Banca Popolare di Vicenza, tanto a livello personale con conti e depositi nominativi, quanto a livello corporate mediante il rapporto aperto in passato a Deltoro Holding S.p.A. Il feedback che ho accumulato potrebbe essere utile per ispirare e scrivere un nuovo libro. Allora il giudizio che diedi sui servizi e sul personale che sviluppava e gestiva in multicanalità la fruibilità dei servizi della banca in quei due anni era tutt’altro che positivo e di buon auspicio per il futuro. Purtroppo una banca che ha scelto negli anni precedenti per volontà dell’attuale management di crescere solo mediante dimensioni fisiche (acquisizioni ed apertura sportelli) snobbando o discriminando l’importanza ed il ruolo dei servizi online è destinata a vivere i prossimi anni in grave affanno tanto manageriale quanto reddituale. Alla fine possiamo solo sperare che non paghino tutto questo i dipendenti, i clienti e gli azionisti(soci), ma temo sia molto difficile che questo non si verifichi. Da ex-cliente ed ex-azionista (socio) della banca ed in ricordo dei bei momenti passati da bambino dentro le storiche filiali vicentine doc di un tempo, voglio sperare che l’attuale slogan della banca “tradizione e futuro” non finisca presto nel dimenticatoio e rischi di essere presto polverizzato, nella consapevolezza che di tradizione ormai ve ne è rimasta poca e che forse di futuro ve ne sarà ancora meno.