Dopo aver superato il Giappone nel 2010, la Cina ha iniziato a insediare il primato economico mondiale agli Stati Uniti, ben sapendo che secondo le analisi di PWC nel 2030 si verificherà lo storico sorpasso, trasformando pertanto il Dragone Rosso nella prima economia mondiale. Questo percorso di crescita non è frutto del caso, quanto piuttosto il risultato di una politica di sviluppo economico studiata a tavolino su ogni fronte possibile. Dobbiamo ritornare al 1978 quando Deng Xiaoping, subentrato a Mao Zedong, decise uno storico cambio di rotta abbandonando l’ideologia marxista-leninista di Mao che aveva alla fine portato alla creazione di un paese isolato ed economicamente inefficiente. Deng Xiaoping apre al capitalismo o meglio ad un capitalismo geneticamente modificato in cui la proprietà pubblica sui settori strategici rimane predominante. La Cina per la prima volta si mostra disponibile al commercio con l’estero ed all’ingresso dei primi capitali esteri (si gettano le basi per consentire la delocalizzazione industriale con USA ed Europa). Paradossalmente mentre nello stesso periodo di tempo, l’Unione Sovietica si sgretolava su se stessa, la Cina avanzava con una crescita economica strabiliante e senza precedenti con il PIL oltre dieci punti di rialzo all’anno. Sempre in parallelo, gli USA amplificano la loro ingerenza e potenza sull’economia mondiale, espandendo l’orbita di gravitazione della NATO grazie all’incorporazione di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca. Di fatto consacrandosi come garanti della pace mondiale per il quieto vivere di Washington. Questo scenario di unipolarità mondiale (l’Unione Sovietica non esisteva più) iniziò ad essere messo in discussione dopo gli attentati del 11 Settembre.
L’escalation del terrorismo sulla sfera mondiale, il fallimento americano in Medio Oriente con il caso Iraq, l’instabilità finanziaria prodotta con la crisi dei subprime nel 2008, l’inaspettato risorgimento della Russia sotto la guida di Putin e l’ascesa in contemporanea della Cina creano i presupposti per un nuovo ordine mondiale ossia la necessità di codificare internazionalmente un nuovo equilibrio geopolitico mondiale. Proprio su questo assunto nascono le nuove aspettative cinesi: se infatti il XX secolo è stato di appannaggio statunitense, probabilmente il XXI secolo sarà vissuto sotto l’egida cinese. Ci aiuta Marco Polo a comprendere la potenza cinese nel passato grazie a innovazioni tecnologiche e ad una forma di governo accentrata e meritocratica che permise di non dover mai subire invasioni e conquiste da parte di altre nazioni (in tal senso si comprende l’importanza strategica della Grande Muraglia e l’essenza dell’orgoglio nazionale). Sino a quando non dovette somatizzare il cosiddetto secolo delle umiliazioni (1839-1949), perdendo nella guerra dell’oppio contro il Regno Unito e subendo l’invasione giapponese durante la seconda guerra mondiale. L’arrivo di Mao Zedong con i suoi ambiziosi programmi di sviluppo demografico trasformò un paese sacrificato in una nazione carica di orgoglio e desiderosa di riscatto sociale. In questi termini noi europei difficilmente comprendiamo lo stato delle cose in Cina in quanto nelle nostre democrazie hanno molta più centralità ed importanza i diritti e le tutele dell’individuo, mentre per i cinesi l’individuo è solo un componente della società, la cui importanza è superiore di gran lunga a quella di una singola persona. Si tratta di due mondi con paradigmi sociali completamente antitetici, in cui tuttavia il modello asiatico sembra avere il sopravvento su quello europeo.
Il Partito Comunista, l’unico partito politico esistente, regna incontrastato dal 1949 ed ora alla guida del nuovo Mao Zedong, così viene considerato l’attuale presidente Xi Jinping, la rotta pianificata in ambito economico appare ancora più delineata e programmata minuziosamente. Anche questo rappresenta un elemento di netto contrasto con le democrazie occidentali in cui l’alternanza di governo solitamente dura dai quattro ai massimo otto anni. Questo di fatto obbliga ad una programmazione economica di breve respiro, spesso incentrata al conseguimento di finalità più elettorali che di effettivo interesse nazionale. In Cina invece si pianifica lo sviluppo economico con piani quinquennali basati sulla definizione di politiche strategiche in ambito industriale, energetico e logistico con una visione globale che scavalca addirittura i confini nazionali. La Cina vuole ritornare a dominare il mondo, surclassando gli USA, mediante la propria supremazia economica, il potenziale bellico e l’influenza culturale. Ad esempio nel 2013 Xi Jinping ha stretto numerose partnership commerciali con Sudafrica, Congo, Guinea, Sudan, Etiopia, Venezuela, Cile e Bolivia, sostanzialmente una presenza quasi istituzionale in Africa e America Latina, che le ha consentito di diventare il primo general contractor in questi paesi per la realizzazione di infrastrutture (porti, strade, ferrovie, ospedali, stadi per il calcio) in molti casi a costo zero. In cambio si è garantita forniture di materie prime strategiche come coltan, petrolio, gas e legno oltre a poter vendere con facilità prodotti e beni finiti provenienti dalla Cina.
Il Governo di Pechino compra sempre più abitualmente il debito delle altre nazioni, detiene il 20% del debito statunitense ed il 10% di quello europeo: il miglior modo per mettere all’angolo il tuo avversario. La Nuova Via della Seta, voluta proprio da Xi Jinping, unirà logisticamente l’Asia all’Europa, consentendo la facilità di ingresso di merci e materie prime oltre al potenziamento degli scambi commerciali tra queste due aree geografiche. Sono cinesi ormai le più grandi aziende del mondo: torniamo indietro di vent’anni e troveremmo invece nelle prime dieci posizioni quasi sempre aziende statunitensi, tedesche, francesi ed inglesi, rifacciamo oggi questa graduatoria e scopriamo che la Cina assedia ovunque le prime posizioni. Ad esempio la prima banca al mondo per asset detenuti è cinese, ICBC, Industrial and Commercial Bank of China. Il più grande market place al mondo è cinese, Alibaba. Entro il 2030 la classe media cinese sarà composta da più di 500 milioni di consumatori con un potere d’acquisto simile a quello europeo. Il nuovo modello di sviluppo economico, varato con il tredicesimo piano quinquennale punta proprio a questo: far uscire agevolmente dalla povertà 150 milioni di contadini cinesi. La Cina vanta il secondo potenziale bellico al mondo ed il primo in tutto il Pacifico: ha costruito numerose isole artificiali nel Mar della Cina Meridionale per poter contare su porti, piste di atterraggio e avamposti di brigata in modo da poter estendere la propria influenza e supremazia nei confronti di Filippine, Malesia, Vietnam e Taiwan che rivendicano ognuno la propria sovranità sull’arcipelago delle Isole Paracelso (metà del commercio mondiale passa per quella rotta).
Dal 2010 si sono dati alle spesi folli acquistando ovunque aziende europee ed americane: solo nel settore automobilistico abbiamo visto eclatanti passaggi di mano come la Volvo, la Rover, la Lotus e la PSA (Peugeot-CitroenOpel-Vauxhall), in cui la proprietà è oggi condivisa tra il governo francese e la Dongfeng. Questi investimenti strategici hanno lo scopo di acquisire know-how da importare in Cina per esportare nei prossimi decenni vetture cinesi che piaceranno anche agli europei. La Cina vuole trasformarsi come il principale referente al mondo per l’industria del calcio, per farlo sta comperando lentamente squadre di calcio europeo dal passato glorioso (anche per mano dei suoi stessi tycoons), oltre a Milan e Inter, in Spagna ha acquistato il Granada ed una partecipazione di rilevanza nell’Atletico de Madrid, nel Regno Unito detiene interamente l’Aston Villa ed il 15% del Manchester United, in Francia sie è messa in tasca il Nizza ed il Lione, senza dimenticare gli ingaggi multimilionari ai migliori giocatori del mondo. La finalità di questi investimenti è sfoggiare, per orgoglio nazionale, la proprietà cinese ogni qualvolta uno di questi club si imporrà in una competizione europea. La Cina ha aperto 500 sedi in tutto il mondo dell’Istituto Confucio per far conoscere gratuitamente la lingua cinese (mandarino) assieme alla storia e cultura di Pechino: questo rappresenta una tipica mission imperialista con il fine di far metabolizzare le proprie mire espansionistiche agli altri. Sempre con la logica di ostentare orgoglio nazionale nel mondo, milioni di bambini cinesi sono avviati alla preparazione atletica per eccellere nelle diverse discipline sportive: vogliono arrivare ad essere i primi nel medagliere degli ori ad ogni prossima olimpiade. In Italia accendi la televisione e ti accorgi che la classe dirigente italiana è la stessa di quella che avevamo vent’anni fa, che sbandiera come priorità nazionali lo ius soli e l’accoglienza ai diversamente bianchi. Appare ben delineato anche il nostro futuro per i prossimi decenni.