Sin dal primo percorso scolastico che attende un bambino durante il corso della sua formazione giovanile si impara a dare un connotato negativo alla parola “aristocrazia” nel senso che dai sussidiari alle spiegazioni che propone generalmente il corpo docente a questa parola viene associata un’immagine aberrante e controproducente. Ricordo come anche ai tempi del liceo il termine aristocrazia veniva associato impropriamente con la ricchezza e la nobiltà tanto che generalmente si traduceva il concetto di aristocrazia con il governo dei nobili ricchi. Pertanto chi studiava e si stava formando riceveva questo primo imprinting elementare: ricordate che quando sentirete la parola aristocrazia dovrete associare l’immagine del male. Ovviamente se qualcosa rappresenta il male, ci deve essere anche dell’altro che antiteticamente rappresenta il bene: presto detto, l’opposto all’aristocrazia è la democrazia, il vocabolo che incorpora il bene in assoluto, infatti la sua origine dalla radice greca significa governo del popolo. Attenzione questo è quello che ci si sente narrare dalle scuole elementari sino anche all’università. Purtroppo siamo innanzi ad una grande aberrazione lessicale: nel senso che qualcuno ha deciso per convenienza sua probabilmente che il bene ed il male possono essere rappresentati da questa dicotomia tra democrazia ed aristocrazia. Andiamo per gradi. Tanto per cominciare aristocrazia non significa il governo o il potere ai nobili o peggio ancora ai ricchi, quanto piuttosto ai migliori. Di questo siamo sicuri, senza dubbi alcuni, in quanto è stato prima il filosofo greco Platone, seguito poi dal discepolo Aristotele, che ne hanno ideato e narrato il concetto.
L’aristocrazia è una forma di governo nella quale i migliori controllano interamente lo Stato: ha rappresentato la terza forma di governo in Europa per numerosi secoli assieme a monarchia e democrazia. Tuttavia si suole identificare impropriamente l’aristocrazia con la nobiltà in quanto nella maggioranza delle casistiche i parlamenti degli stati che in passato legiferavano erano composti da nobili. Ora cosa vuol dire nobile ? Il termine deriva dal latino e significa onorevole. Se andiamo indietro con i millenni scopriamo che la nobiltà ha origine da due filoni: uno cosiddetto divino (discendenza diretta dagli dei) che esisteva ancora all’epoca degli Egiziani; un’altro invece di diritto che si acquisiva mediante lo svolgimento di funzioni di amministrazione del potere direttamente dal sovrano, come solitamente la concessione delle terre (molti titoli nobiliari venivano in principio rilasciati anche per l’espletamento di funzioni militari). Potevano ricevere la migliore formazione scolastica ed accademica solo i figli di persone con titolo nobiliare: da qui in un certo senso possiamo ritrovare l’essenza originaria del pensiero platonico ossia che i migliori, in realtà dei fatti nelle epoche passate erano le persone più istruite e più colte (mentre la moltitudine era analfabeta). Appariva pertanto logico e di buon senso che a governare e legiferare fossero queste persone, almeno per la loro dotazione e spessore intellettuale (questo non significa che non fossero corrotti o che non commettessero errori). La Rivoluzione Francese rompe questo paradigma, affermando i noti ideali di egualitè a cui una nazione deve ispirarsi. Visto da un’altra posizione le masse contadine insorgono contro le elite aristocratiche (che vivevano di rendite fondiarie) in quanto a causa di pesanti carestie le derrate alimentari di base iniziano a scarseggiare.
Ora ritorniamo ai greci: sono sempre loro che concepiscono per la priva volta la necessità di avere un processo decisionale efficiente per il governo di una città (polis), creando al contempo le tecniche per la persuasione pubblica mediante argomentazioni razionali. Sempre loro si fanno creatori della cosidetta “democrazia” ossia il potere (non governo) al popolo. Tuttavia la finalità principe della democrazia non doveva essere un meccanismo di sovranità quanto la ricerca del benessere per l’intera comunità evitando il più possibile l’insorgere di conflittualità per interessi contrastanti tra la comunità ed il singolo individuo. Nella nostra epoca invece la democrazia con cui ci dobbiamo confrontare tutti i giorni è il frutto di un retaggio storico riconducibile alle istanze rivoluzionarie francesi. Provate a chiedere ad un vostro conoscente che cosa significa per lui il termine democrazia: vi risponderà che tutti possono votare. O meglio che tutti coloro i quali sono cittadini della tal nazione possono avere diritto di voto e decidere di nominare direttamente una persona che li governi oppure decidere di nominare un terzo soggetto il quale si impegna a rappresentarli all’interno di un assemblea popolare (la cosiddetta democrazia rappresentativa). Nella storia della filosofia scopriamo che sono innumerevoli i pensatori che si dibattono proprio sulla essenza e validità della democrazia stando questo approccio costitutivo. Lo stesso Aristotele mette in guardia sui possibili rischi della democrazia, la quale, in caso di corruzione dei costumi, si può convertire facilmente in un’oligarchia (potere di pochi) ossia consentire a una elite di governare sulla moltitudine, facendo decadere il fine primario per cui si dovrebbe volere la democrazia.
Senza andare tanto lontano, persino la Repubblica di San Marco (La Serenissima) basava il suo funzionamento democratico su questo presupposto: l’organo sovrano (il Maggior Consiglio) era rappresentato solo da tutti i figli maschi e maggiorenni delle famiglie patrizie (quelle che governavano feudalmente i municipi della allora Repubblica di Venezia). Pertanto per numerosi secoli e fino a qualche decennio fa, il governo di una nazione era competenza riconosciuta e garantita di una qualche elite, preparata, accademicamente formata e istruita che governava la nazione con un’idea identitaria unica. La democrazia odierna, nelle economie occidentali, che viene sbandierata come il bene assoluto imprescindibile scaturisce purtroppo dal diritto al voto universale di masse popolari con livelli di QI costantemente in discesa. I tanto decantati principi di uguaglianza hanno prodotto un sistema di governo (la democrazia appunto) che oggi arriva all’assurdo di rimettere le decisioni più critiche a persone incapaci e incompetenti (tuttavia democraticamente elette o mediante qualche farsa politica). La democrazia spinta con il turbo, senza freni inibitori, ha permesso alle elite illuminate ed alle organizzazioni criminali di spartirsi ogni nazione come se fossimo ritornati al sistema feudale del Medio Evo, tuttavia per il conseguimento di interessi non nazionali, ma personali e lobbistici. Questa democrazia diventa lesiva, soprattutto se a votare viene chiamata una popolazione che costantemente viene inebetita e raggirata da quelle stesse elite che hanno potuto prosperare ed affermarsi grazie alla stessa. La democrazia non funziona senza bastone, perchè altrimenti i cani iniziano a scannarsi vicendevolmente uno con l’altro, con il padrone dietro alle quinte che nel frattempo si gode lo spettacolo.