La pandemia di coronavirus ha rispolverato il tema della delocalizzazione imprenditoriale: l’indebolimento ed il deterioramento di numerosi settori economici in congiunzione alle nuove opportunità lavorative date dallo smart working stanno spingendo numerosi imprenditori di piccole e medie imprese a considerare la delocalizzazione delle loro attività aziendali. L’instabilità politica che si intravede all’orizzonte in Italia e la contrazione economica che ha colpito il Paese nella prima metà dell’anno hanno acceso nuovamente la luce verde in chi fa impresa e ricerca le migliori condizioni sociali ed economiche per gestire e far crescere la propria attività. Il ritardo tecnologico del nostro Paese relativamente allo sviluppo delle connessioni di rete ad alta velocità spingono gli imprenditori più dinamici a guardare oltre confine nella consapevolezza che lo smart working rappresenterà la normalità e non l’eccezionalità entro i prossimi cinque anni. Per questo motivo sono entrati in crisi tutti i modelli di rendita finanziaria incentrati sugli immobili direzionali (leggasi uffici).
Molte aziende di medie e grandi dimensioni hanno infatti chiuso definitivamente i loro uffici spingendo le maestranze a lavorare in smart working in forma permanente e non temporanea. Questo pertanto permette di affidare numerose mansioni e lavori anche fuori dai confini italiani, a patto che sia conveniente e fattibile sul piano pratico: pensiamo all’utilizzo ed alla condivisione delle risorse aziendali mediante le piattaforme di clouding. Dove pertanto si potrebbe avviare una nuova attività o ridelocalizzare una già esistente ? L’Europa da questo punti di vista è più attraente di quanto si possa immaginare: numerose nazioni (tranne l’Italia) hanno elaborato diversi incentivi per rendersi tax & business friendly in modo da diventare degli hub per piccole e media imprese e soprattutto per giovani imprenditori che operano nella emergente digital economy (in particolar modo tutti coloro i quali si possono considerare nomadi digitali). Qui di seguito una selezione di cinque nazioni ubicate nel continente europeo (tre di esse appartengono alla UE) che offrono una attraente combinazione tra fiscalità e competitività.
Partiamo pertanto con il quinto posto assegnato a Gibilterra ove la CIT (Corporate Income Tax) è stabilita al 10%: il territorio britannico situato nella penisola iberica sta attraendo imprenditori da tutta Europa, soprattutto chi ha sviluppato business legati al fintech, alla digital asset economy, al web marketing ad al betting online. Il suo environment legale è un facsimile di quello inglese, tuttavia il costo della vita è decisamente più competitivo rispetto al Regno Unito. Al quarto posto troviamo la Slovenia con un CIT del 19%: il paese slavo si è fatto conoscere anche per essere molto attraente nei confronti delle attività industriali ed artigianali tradizionali, letteralmente incitando imprenditori italiani ed austriaci a delocalizzare le loro attività produttive in Slovenia in forza di una vicinanza logistica. Al terzo posto troviamo San Marino con una CIT al 17% la quale tuttavia può ridursi al 8.5% per i primi cinque anni in presenza di determinate caratteristiche aziendali: il vantaggio di San Marino per un imprenditore italiano è innegabile: la lingua, le usanze, il costume e l’atmosfera italiana nel vivere di tutti i giorni. Molti imprenditori infatti non valutano con approfondita analisi che cosa significa vivere in una nazione diversa in cui si parla una lingua che non è la propria con costumi nazionali che possono essere profondamente in contrasto con quelli italiani.
Al secondo posto troviamo Cipro con una CIT del 12.5% ed un envinroment imprenditoriale di stampo anglosassone pur trovandosi nel cuore del Meditarreno. L’isola in cui è nata la Dea Afrodite rappresenta il migliore hub europeo per approcciare i mercati asiatici e medio orientali: la crisi bancaria del 2013 ormai fa parte di un lontano passato, il costo e la qualità della vita la rendono inoltre una nazione molto attraente per iniziare una qualsiasi attività legata al web marketing. Infine al primo posto indiscusso troviamo l’Estonia, la piccola repubblica baltica un tempo appartenente all’URSS, con un CIT dello zero per cento. Non è previsto alcuna imposta nel caso di utili reinvestiti e non distribuiti in caso contrario la tassazione può variare dal 14 al 20%. L’Estonia si sta convertendo nella patria mondiale dei nomadi digitali ossia professionisti del web in viaggio continuo per il mondo per dar sfogo alla loro creatività. La Estonia è l’unico paese in Europa che ha concepito la e-Residency ossia una sorta di residenza digitale per le persone fisiche: a questo link è possibile approfondire il tutto. Chiunque decida di abbandonare l’Italia con l’intento di iniziare una nuova attività imprenditoriale o professionale deve ad ogni modo comprendere in qualità di cittadino italiano che cosa significa radicarsi in un’altra nazione al fine di non incorrere nel reato fiscale di esterovestizione (abroad relocation) purtroppo sempre più commesso dai nostri connazionali, più con lo scopo di aggirare la fiscalità italiana che di effettivo abbandono della madre patria.