Il 29 Ottobre del 1929 è passato alla storia come il Martedi Nero (The Black Tuesday) ossia il più grande crash finanziario del secolo precedente, le quotazioni dell’indice Dow Jones all’epoca passarono da 350 a 50 punti nel giro di tre anni con il minimo raggiunto durante la fine del 1931. Il Big Crash fu solo il detonatore che diede inizio alla Grande Depressione che obbligò tre anni dopo quel fatidico giorno il Governo degli USA per voce del Presidente F.D. Roosevelt a varare il New Deal, un imponente programma di stimoli monetari ed investimenti industriali volto a far ripartire la locomotiva statunitense. Ricordiamo per far comprendere la gravità dell’epoca che fallirono qualche migliaio di banche, la produzione industriale crollo del 50% e questo produsse oltre 15 milioni di disoccupati su una popolazione totale di 80 milioni di individui. Solo verso l’inizio degli anni Cinquanta l’indice Dow Jones si riportò sui valori precedenti il Grande Crash, in sintesi ci vollero due decenni ed un conflitto militare su scale mondiale prima di rivedere le quotazioni di fine anni Venti. Oltre a questo diede indubbiamente il suo contributo anche la creazione di un nuovo sistema monetario, a seguito degli accordi di Bretton Woods, che determinò l’egemonia valutaria mondiale del dollaro per gli anni a seguire.
Questo primato trovava fondamento in considerazione della piena convertibilità aurea che veniva riconosciuta alla moneta americana. Con gli accordi di Bretton Woods presero vita anche il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Queste due istituzioni avevano lo scopo di proteggere i paesi in difficoltà e garantire la cooperazione monetaria e finanziaria tra tutti le nazioni affinchè non si ripetessero fenomeni di turbolenza e rischio sistemico internazionale simili a quelli vissuti durante i primi anni Trenta. Come sappiamo questo status quo è durato sino al 1971, sostanzialmente più di un quarto di secolo, anno in cui il Presidente Nixon revocò la convertibilità con l’oro a seguito della richiesta di liquidazione in oro delle proprie riserve in dollari da parte della Francia. Da quel momento in poi prese vita il sistema monetario fluttuante che ancora oggi regolamenta il mondo. Ora guardando ai giorni nostri e alle vicende che hanno caratterizzato gli ultimi anni, la creazione dell’euro può essere rappresentata come un’altra Bretton Woods ovvero una convergenza e reciproco impregno da parte di soggetti istituzionali e sovranazionali volta alla definizione di parametri monetari comuni ideali per garantire sia stabilità finanziaria che crescita economica. Al posto del Big Crash del 1929 abbiamo avuto il Crash di Lehman nel 2008, il quale ha dato avvio all’effetto domino su scala mondiale. La perdita di produzione industriale si è manifestata ovunque e la disoccupazione ha raggiunto livelli ingestibili sul piano sociale in numerose nazioni. Si stimano almeno altri dieci anni per riportare il mondo delle economie avanzate nella strada che stava percorrendo durante i primi cinque anni del nuovo millennio.
Nonostante siano tutt’ora presenti nel globo focolai e conflitti di natura geoeconomica, anche noi stiamo vivendo un altro grande conflitto mondiale, questa volta non militare ma solo economico: non abbiamo i bombardamenti e le rappresaglie militari, tuttavia i nostri morti si chiamano imprese che chiudono e famiglie che soffrono o che perdono la possibilità di pianificare il proprio futuro. Anche noi abbiamo creato nuove authority, organismi sovranazionali e reti di protezione per aiutare i paesi in difficoltà pensiamo solo alle OMT, al MES o alle LTRO. Anche noi abbiamo avuto banche in procinto di fallire o banche che potrebbero tranquillamente essere considerate fallite in considerazione delle condizioni di patrimonio e dell’evoluzione dello scenario socioeconomico che ci attende nei prossimi decenni. A questo si deve aggiungere la presenza di nuovi players globali che possono creare riverbero sia in positivo che in negativo su tutti gli altri paesi, ad esempio Cina, Brasile o Russia. Il modello e sistema monetario precedente è collassato a fronte di una richiesta della Francia di riavere in oro il controvalore delle proprie riserve in dollari.
Proprio in questi giorni Marine Le Pen, che dovrebbe rappresentare il futuro primo ministro francese stando al suo gradimento, ha recentemente fatto richiesta di rimpatrio di tutte le riserve auree francesi depositate presso le banche centrali del mondo. In parallelo abbiamo tra qualche giorno il referendum in Svizzera per aumentare la percentuale di detenzione di riserve auree presso la Banca Nazionale Svizzera portandola dall’attuale 7% ad un più rassicurante 20%. Inutile negare come quanto sopra potrebe innescare una nuova ondata di volatilità e di turbolenza che andrà a colpire quasi tutte le asset class tradizionali di investimento. Per questo motivo, anche in preparazione dello sharp rise che vedremo sui tassi di interesse nei prossimi mesi, soprattutto nei paesi anglosassoni, sarebbe opportuno prendere posizione su strumenti unconstrained ossia prodotti di investimento come molti fondi non direzionali o market neutral in cui il gestore ha un mandato ad operare con ampia delega, senza riferimenti di benchmark, potendo anche fare ricorso agli strumenti derivati per la copertura di rischi sia specifici che strutturali. Il portafoglio di investimento per il 2015 dovrebbe pertanto essere rappresentato appunto da un basket di strategie fra di loro decorrelate piuttosto che da una banale e superata diversificazione per singole asset class.