QUELLI DEL VIETNAM

Attenzione: per comprendere il senso di questo editoriale, bisogna leggerlo fino in fondo. Uno dei film più avvincenti e tragici creati da Hollywood per ricordare la guerra in Vietnam è Hamburger Hill, Colllina 937, prodotto nel 1987 sotto la regia di John Irvin, quest’ultimo più conosciuto cinematograficamente per aver diretto Codice Magnum con Arnold Schwarzenegger nel 1986. La trama del film è interamente ispirata a fatti realmente verificatisi, contrariamente invece a Platoon, Full Metal Jacket o Apocalypse Now i quali hanno ricostruito e messo in scena diverse azioni e teatri di guerra riprendendo la drammaticità di vita al fronte che hanno dovuto passare migliaia di soldati americani durante gli anni del conflitto. Hamburger Hill narra il sanguinario scontro a fuoco avvenuto nel 1969 tra le truppe statunitensi ed i Viet Cong sulle pendici di una collina considerata militarmente strategica in prossimità del confine con il Vietnam del Sud. Tale altura si trovava per la morfologia del territorio a quota 937 metri sul livello del mare e venne successivamente ribattezzata dalle cronache militari in Hamburger Hill dagli stessi soldati superstiti per le quantità di cadaveri che si trovavano uno sopra all’altro al termine dell’offensiva, quasi come fossero gli strati di hamburger in un Big Mac. Vinsero gli americani, dopo più assalti alle linee nemiche tanto da lasciare sul campo oltre 600 soldati vietnamiti. Tatticamente la conquista della collina fu un fallimento sul piano militare, in quanto non produsse successivamente la dominazione dell’area di guerra in prossimità del confine.

Film sul Vietnam ve ne sono a dozzine, e quasi ogni tre anni ne viene prodotto uno nuovo, magari non raccontando la guerra al fronte, ma la guerra in casa propria al ritorno dei superstiti. Da Rambo a Nato il 4 Luglio abbiamo sempre potuto avere straordinarie interpretazioni di grandi attori americani sull’argomento. Vi siete mai chiesti perchè Hollywood ha prodotto e produce così tanti film sulla guerra in Vietnam ? Perchè rappresenta la prima grande sconfitta militare degli Stati Uniti: una guerra intrapresa tra l’altro con un piccolo paese di contadini comunisti che hanno lottato e difeso la loro terra con incredibile resistenza e tenacia. L’establishment americano proprio attraverso il cinema ha voluto rappresentare attraverso varie sceneggiature (alcune anche acclamate e premiate a livello mondiale) il perchè della sconfitta. Così facendo nei vari film che si sono occupati di narrare tali vicende sono stati di volta in volta enfatizzati la natura avversa dei luoghi di combattimento (jungla con umidità), lo spirito combattivo dei vietnamiti, gli errori di strategia militare del comando statunitense, il supporto militare ricevuto dal Vietnam del Nord dalla Cina fino alle scelte di politica estera di Presidenti come Kennedy, Johnson e Nixon. Sono state narrate e rappresentate tutte le motivazioni della sconfitta, tranne una, quella militarmente più rilevante: per la prima volta nella storia dell’esercito americano durante la Guerra in Vietnam i plotoni dei vari battaglioni erano misti: vale a dire che combattevano assieme tra loro tanto i soldati bianchi quanto quelli neri.

Il cinema ci ha fatto sempre vedere che nelle retrovie, nelle trincee e negli accampamenti vigeva uno spirito di cameratismo ed affiatamento tra bianchi ed afroamericani, uniti fra di loro per annientare Charlie (il nemico di allora nel linguaggio militare). Potreste arrivare a denigrarmi per quanto avete appena letto ritenendo il tutto un insieme di fandonie, tuttavia quello che ho rappresentato è supportato e confermato proprio dalla stessa storia dell’esercito militare statunitense. Le forze armate statunitensi sono rimaste segregate per ragioni razziali fino al 1948, significa che vi erano plotoni e reggimenti predisposti per andare a combattere di soli soldati bianchi e di soli soldati afroamericani. A livello pratico pertanto un plotone di bianchi non andava a combattere a fianco di un plotone di afroamericani e nè tanto meno questi si mischiavano durante le varie incursioni ed azioni militari. Addirittura durante la Guerra di Secessione l’esercito nordista arruolò i primi soldati afroamericani facendoli tuttavia confluire all’interno dei ranghi dello Unites States Colored Troops dal quale nascerà nel 1868 il Buffalo Soldier, vale a dire il primo reggimento dell’Esercito degli Stati Uniti d’America composto esclusivamente di afroamericani ed appartenenti alle etnia minoritarie (asiatici ed ispanici). Durante la Seconda Guerra Mondiale gli afroamericani occupavano solitamente il ruolo di conducenti di camion (truck drivers) oppure di stivatori e sguatteri nelle forze armate della Marina degli Stati Uniti.

Durante l’offensiva delle Ardenne nel 1944 il Generale Eisenhower, più che altro per carenza e disponibilità di truppe bianche, decise di utilizzare per la prima volta duemila volontari afroamericani organizzati in plotoni comandati da sottotenenti bianchi. Gli episodi di razzismo tra i soldati americani bianchi e codesti soldati afroamericani erano talmente consuetudinari da generare conflitti ed ostilità all’interno dello stesso esercito americano. Alla fine della guerra i plotoni sperimentali vennero sciolti e gli afroamericani che sopravvissero (esattamente 1.292) vennero assegnati ad unità militari di servizio (pertanto non più combattenti). Fu tuttavia il Presidente Harry Truman che nel 1948 attraverso l’Executive Order # 9981 diede avvio al processo di disgregazione delle forze militari statunitensi, richiedendo alle varie gerarchie militari che si impedissero ogni sorta di discriminazione. Nonostante questo il processo di disgregazione non venne implementato interamente per svariati anni tanto che le unità di combattimento di bianchi ed afroamericani rimasero separate anche durante la Guerra in Korea (diciamo che l’establishment militare non aveva molto gradito l’ordine presidenziale). L’ultimo plotone di soli soldati afroamericani venne dismesso nel 1954. La guerra in Vietnam inizia nel 1955. Il clima che regna tra i plotoni pertanto, composti per la prima volta da un mix di bianchi ed afroamericani, è tutt’altro quello che Hollywood ci vuole far credere con la sua propaganda perbenista. La conflittualità che si instaura tra i soldati bianchi e gli afroamericani è tale che quasi sempre a questi ultimi viene ordinato di iniziare le azioni e le rappresaglie più pericolose.

Appare da subito evidente come l’esercito americano in Vietnam non è coeso e risoluto tanto quanto quello che affrontò lo sbarco in Normandia, il quale si basava ancora sulla segregazione razziale nei vari reparti. In dieci anni di scontro il numero dei soldati afroamericani che perisce durante il conflitto militare è notevolmente più elevato e sproporzionato rispetto al numero dei soldati bianchi che cadono combattendo. Con il tempo questa anomalia produce ulteriore contrasto e conflitto in seno alle forze armate. Con il benestare del Presidente Lindon Johnson, al fine di soluzionare velocemente la necessità di reperire nuovi soldati da mandare al fronte visto l’elevato numero di perdite, il Segretario della Difesa, Robert McNamara vara il programma militare denominato Projet 100.000. Quest’ultimo consentiva di arruolare anche persone che non rispettassero gli standard medici, fisici e militari che invece richiedeva espressamente l’esercito (pensate a Palla di Lardo in Full Metal Jacket e capirete questo passaggio). Project 100.000 rientrava all’interno della lotta alla povertà che aveva promesso Johnson alla popolazione statunitense per consentire alle persone dai mezzi limitati e prive di una buona educazione scolastica di potersi in qualche modo emancipare ed affrancare socialmente servendo la patria. Questi soldati con il tempo vennero chiamati i McNamara’s Boys: la maggior parte di loro proveniva dagli stati del sud e quasi la metà era afroamericana. Potete immaginare pertanto che mix esplosivo di tensione razziale che si venne a ricreare: pensate ad un bifolco dell’Arizona che si trova a combattere assieme ad un negro dell’Alabama (questo termine è stato consentito dall’esercito sino al 2014).

Il numero di soldati impiegati in Vietnam passò dai 23.300 del 1965 ai 465.600 di fine 1967. La metà di questi ultimi vennero reclutati tramite il Project 100.000: gli afroamericani rappresentavano il 40%. I plotoni vennero pertanto formati unendo tanto ragazzi bianchi provenienti dalla middle class quanto quelli afroamericani provenienti dalle comunità rurali. I bianchi istruiti (college students) generalmente venivano assegnati alle unità di servizio logistico (non-combat units), mentre gli afroamericani arrivavano anche a costituire il 70% delle truppe d’assalto. Numerosi sociologici dell’esercito ed analisti di strategie militari alla fine della guerra, che vide per la prima volta perdente nella sua storia proprio gli Stati Uniti d’America, dissero che rappresentò una follia obbligare a combattere assieme bianchi ed afroamericani quando appariva evidente che la guerra non era in Vietnam ma negli stessi Stati Uniti a fronte delle problematiche sociali legale all’integrazione razziale di quell’epoca. Proprio in quegli anni tra l’altro nascevano i movimenti di protesta capeggiati da Martin Luther King e da Malcom X. Con il tempo le scelte azzardate di McNamara vennero ribattezzate come McNamara’s Folly ossia la follia di McNamara, quest’ultima responsabile diretta del disagio e sofferenza che dovettero vivere quella che successivamente venne chiamata la Vietnam Generation. Stranamente di queste scelleratezze militari e sociali perpetrate dall’establishment democratico statunitense, Hollywood se ne guarda bene dal portarne a conoscenza.

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