La locuzione “sette sorelle” è stata coniata per la prima volta a metà degli anni Quaranta da Enrico Mattei, Presidente allora dell’Agip, riferendosi alle compagnie petrolifere che si erano aggiudicate i diritti di estrazione in Iran dopo la deposizione per opera della CIA di Mohammed Mossadeq, il primo ministro iraniano che aveva invece voluto la nazionalizzazione dell’industria petrolifera. Le sette sorelle, rispettivamente Standard Oil of New Jersey (oggi Exxon), Royal Dutch (oggi Shell), Anglo Persian Oil Company (oggi British Petroleum), Standard Oil of New York (oggi Mobil), Texas Fuel Company (oggi Texaco), Standard Oil of California (oggi Chevron) e la Gulf, costituirono un consorzio per la gestione delle esportazioni iraniani in regime di monopolio, condizionando in questo modo tutto il mercato petrolifero dei successivi trent’anni. Mattei cercò in tutti i modi di far entrare l’Agip all’interno di questo consorzio: sappiamo com’è andata a finire. Ancora oggi il termine “sette sorelle” viene utilizzato impropriamente per definire i grandi attori dell’industria petrolifera mondiale non sapendo che il contesto mondiale è profondamente cambiato a seguito di fusioni strategiche, ad esempio ExxonMobil o ChevronTexaco, ed all’entrata con prepotenza di tre nuovi colossi che cinquant’anni fa nessuno conteggiava: Petrobras (Brasile), Gazprom (Russia) e CNPC (China National Petroleum Corporation).
Dopo Malta, Svizzera, San Marino e Dubai, un altro paese che conosco in profondità per le opportunità di delocalizzazione tanto professionale quanto finanziaria è rappresentato dalla Spagna, in cui vivo regolarmente quasi un mese ogni anno tra vacanze e impegni professionali. Al momento attuale la Spagna rappresenta la nazione con uno dei più alti potenziali in Unione Europea tanto per l’attrazione degli investimenti quanto per i fenomeni di insediamento imprenditoriale a seguito dei nuovi benefici fiscali recentemente introdotti per rendere più frizzante e dinamico il mercato spagnolo. Anche la Spagna in questo momento ha le sue sette sorelle, rappresentate dalle sette grandi istituzioni bancarie che hanno beneficiato dell’intervento del Banco Malo, il Sareb, acronimo di Sociedad de Gestión de Activos Procedentes de la Reestructuracion Bancaria: stiamo parlando del Banco Santander, BBVA, Banco Sabadell, Banco Popular, Bankia, Banesto e Caixa Banca. Queste banche sono elencate per attivi detenuti, presenza sul territorio e opportunità di investimento in ambito immobiliare. La crisi finanziaria ed immobiliare in Spagna che ha impattato pesantemente su tutta l’industria bancaria ha obbligato il governo ad intervenire prontamente istituendo una bad bank.
Gli aiuti ricevuti dall’Unione Europea, mediante il ESM, che ha concesso prestiti per 100 miliardi al sistema bancario spagnolo sono stati condizionati alla costituzione dello stesso Sareb, il fondo immobiliare strategico che ha assorbito dalle sette sorelle spagnole gli immobili tossici, in buona sostanza quelli su cui gravavano prestiti ormai inesigibili o che avevano subito una profonda contrazione di valore. Da questo punto di vista sono stati conferiti nel portafoglio di questo fondo immobiliare tanto appartementi residenziali, quanto stabili e fabbricati commerciali assieme a ville e residenze di prestigio ubicate in regioni della Spagna a spiccata vocazione turistica. Il conferimento è stato effettuato a titolo oneroso a fronte di titoli di stato spagnoli che le varie banche hanno ricevuto in cambio della cessione degli immobili periziati e valutati per il loro effettivo possibile controvalore di realizzo. Successivamente alla fase di funding, il governo spagnolo ha provveduto alla vendita di quote di partecipazioni all’interno del Sareb a potenziali investitori, tanto che oggi il 55% del fondo è detenuto da investitori privati ed il 45% dal Frob, acronimo di Fondo de reestructuración ordenada bancaria. Quest’ultimo costituisce un ente di stato a capitale pubblico che ha lo scopo di spingere le banche maggiormente in crisi a fondersi tra di loro per risolvere internamente le loro difficoltà.
La fusione di due o più istituti infatti produce rafforzamenti patrimoniali e ridimensionamento dei costi di esercizio, pensiamo alla chiusura delle filiali ed ai programmi di licenziamento del personale: Bankia rappresenta un caso di studio in questi termini. Presso il database del Sareb hanno iniziato ad essere disponibili sia aste che programmi di dismissione di immobili a prezzi con sconti anche del 60% rispetto ai livelli pre-crisi. Chi in questo momento sta cercando paesi in cui delocalizzarsi non solo finanziariamente ma anche imprenditorialmente dovrebbe iniziare a guardare alla Spagna come opportunità di investimento, visto e considerato anche il suo appeal per lo stile di vita che consente. Costituire una società per l’esercizio di un’attività commerciale o professionale è particolarmente attraente in considerazione della nuova aliquota che grava sul reddito di impresa, 15% sino a 300.000 euro di fatturato per i primi due anni. Gli oneri di costituzione sono decisamente invitanti, appena 3.000 euro per una SL (sociedad limitada), comprensivi di atto notarile, iscrizione al registro di commercio, partita via ed altri vari adempimenti tributari, mentre gli oneri di amministrazione contabile possono essere ricondotti a 150/200 euro mensili. Di certo la Spagna si riprenderà molto più velocemente degli altri paesi in Europa che continuano a piangersi addosso o a essere vittime del loro stesso immobilismo politico, Italia in pole position da questo punto di vista.