L’ONU, l’organizzazione inter governativa con sede a New York nata alla fine della seconda guerra mondiale, conosciuta volgarmente come Nazioni Unite, persegue i seguenti tre scopi istituzionali: mantenere la pace e la sicurezza internazionale, risolvere pacifica mente eventuali situazioni di conflitto che potrebbero portare ad una rottura della pace ed infine sviluppare relazioni amichevoli tra le nazioni aderenti sulla base del rispetto del principio di uguaglianza tra gli Stati. Il suo operato trova manifestazione attraverso svariati enti istituiti dall’Assemblea Generale, ne ricordiamo alcuni dei più noti, il FMI, la FAO o il UNCHR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) con sede a Ginevra. L’attuale (purtroppo) Presidente della Camera in Italia, Laura Boldrini, ha ricoperto il ruolo di portavoce del UNCHR per l’Europa Meridionale tra il 1998 ed il 2012, dopo di che qualcuno ha pensato di proporla come rappresentante di questa istituzione costituzionale. In rete si sprecano i commenti a sfondo molto pittoresco nei suoi confronti viste le sue uscite in merito alla aggressione immigratoria che l’Italia sta affrontando con aumentata intensità da più di tre anni. Di fatto Laura Boldrini è stata un funzionario dell’ONU, insignita addirittura nel 2009 da Famiglia Cristiana come italiana dell’anno per il suo costante impegno a favore dei migranti e richiedenti asilo politico. Proprio in seno all’ONU potete trovare le chiavi di lettura che spiegano perchè questa donna ricopra tale carica in Italia. L’immigrazione (volutamente) selvaggia unita all’invasione controllata oggi rappresentano i temi di confronto e scontro politico principale non solo in Italia ma anche in altre nazioni europee.
Proprio ogni elettore medio europeo infatti oggi è molto sensitive a questo argomento: la gestione mediatica di questo fenomeno così impattante per questi paesi rappresenterà il main driver per le prossime elezioni politiche in Francia, Germania ed anche Italia. Quanto sta accadendo in Europa è stato concepito ed analizzato con largo anticipo sin dal 2000 proprio in seno all’ONU, precisamente all’ufficio della Population Division della DESA (Department of Economic and Social Affairs). Quanto sto per riportarvi è liberamente consultabile sul sito delle Nazioni Unite ed il documento incriminato è intitolato Report on Replacement Migration edito nel Marzo del 2000 con successive release anno dopo anno, sino all’ultima del 2015. Se dovessi esprimere in poche parole la sintesi estrema del suo contenuto mi verrebbe da dire: cercasi stalloni da importare per fecondare le donne europee. Andiamo per gradi: questo report di analisi delle Nazioni Unite propone letteralmente la replacement migration (migrazione per sostituzione) come soluzione pratica all’invecchiamento e diminuzione della popolazione nelle economie occidentali (tranne gli USA) a fronte di un crollo del tasso di fertilità e del tasso di mortalità (pertanto un aumento della longevità). L’ONU stima che tra il 1995 ed il 2050 paesi come il Giappone e l’Italia perderanno tra 1/4 ed 1/3 della loro attuale popolazione, arrivando ad avere un’età di vita media tra le più alte della storia del genere umano. Ad esempio in Italia l’età media passerà dai 41 anni del 2000 ai 53 anni del 2050, il che si tradurrà in un rapporto di due lavoratori per ogni pensionato rispetto all’attuale di quattro a uno.
Dei vari paesi analizzati dal suddetto report, l’Italia è in assoluto la nazione che in proiezione subirà la perdita maggiore sul piano quantitativo della sua popolazione con una contrazione stimata del 28% entro il 2050. La stessa Unione Europea che nel 2000 era più grande di 100 milioni rispetto agli USA per tale data sarà più piccola di 18 milioni, contrariamente agli USA che invece aumenteranno di ¼ la loro capacità di risorse umane. Il tasso di crescita della popolazione anziana (older persons) sta crescendo ad un ritmo del 3.3 % all’anno, più velocemente di qualsiasi altra fascia di appartenenza. Per il 2050 si stimano 2.1 MLD di persone con un’età superiore ai 60 anni, già oggi l’Europa detiene la più alta percentuale di anziani rapportata al totale della sua popolazione (24%). Il declino della popolazione italiana ed anche europea è (purtroppo) inevitabile, per questo è opportuno pensare alla replacement migration come exit strategy (attenzione, non sono mie parole, ma quelle riportate dall’ONU nel report suddetto). Assieme agli USA, anche Francia e Regno Unito saranno in grado mantenere la loro popolazione ed evitare il declino demografico, questo a seguito di diverse politiche immigratorie provenienti dalle colonie di un tempo. Questo significa che i paesi più vulnerabili sul piano demografico in Europa come Germania e Italia entro il 2050 saranno caratterizzati da una contrazione significativa in percentuale tra il 30% ed il 40% della loro popolazione che a quel punto sarà pertanto rappresentata da immigrati e loro discendenti diretti di pari proporzione.
Proprio in relazione alla loro dimensione demografica sia Germania che Italia necessiteranno del più alto numero di immigrati al fine di mantenere una parte della popolazione in età lavorativa in grado di sostenere sia welfare che stato sociale. L’Italia si stima necessiterà di almeno 6.500 migrants (termine che compare sin dal 2000 nei rapporti dell’ONU) per milione di abitanti ogni anno, mentre la Germania si potrà accontentare solo di 6.000. In assenza di flussi immigratori, potrà essere garantita la sostenibilità, ma non la vulnerabilità del lungo termine, innalzando ad almeno 75 anni l’età per poter accedere ai meccanismi di rendita previdenziale. Questa sfida di inizio millennio che avrà come scopo finale il contrasto al declino della popolazione e la gestione dell’invecchiamento della popolazione necessiterà di programmi e politiche attuative con una prospettiva di lungo termine. Per questa ragione le questioni che avranno priorità per i governi che si succederanno nei diversi anni dovranno rispettivamente: definire e ricalcolare l’età appropriata per il pensionamento a fronte di una vulnerabilità sistemica dello stato sociale sul piano finanziario, i livelli di spesa e le tipologie di cure mediche che potranno essere fruite durante la vecchiaia a carico della fiscalità diffusa, i montanti di contribuzione che i lavoratori e datori di lavoro (workers & employers) dovranno far fronte per supportare sia il retirement che il healthcare della popolazione in vecchiaia ed infine le strategie per la gestione dell’immigrazione internazionale.