Da appena cinque anni rappresenta una nuova tipologia di rischio che può essere presente nell’orizzonte finanziario di ogni investitore, arrivando a produrre impatti molto negativi sui tipici strumenti di risparmio gestito. Nello specifico rappresenta il rischio che grava su un portafoglio finanziario composto da diverse tipologie di asset class il cui controvalore complessivo è correlato positivamente al verificarsi di eventi di portata macroeconomica e geopolitica più o meno attesi i quali a loro volta possono mutare in misura significativa la stabilità e la resilienza di un mercato finanziario o di una determinata area geografica. Il rischio di scenario è diventato in queste ultime settimane la prima preoccupazione per le investment house e per gli investitori istituzionali i quali sono consapevoli di come i prossimi appuntamenti di portata politica a livello mondiale possano produrre degli shock finanziari di notevole impatto. Di fatto ne abbiamo due nel breve termine ed altri due entro il prossimo settembre che potrebbero mutare definitivamente gli equilibri economici mondiali che oggi invece diamo ancora per scontati. Mi riferisco ovviamente agli USA la prossima settimana ed all’Italia il mese successivo, mentre per gli altri due rimanenti, alla Francia in aprile ed infine alla Germania in Settembre 2017. Nel mezzo potrebbe tuttavia inserirsi a sorpresa nuovamente l’Italia a fronte della bocciatura della tanto decantata nuova riforma costituzionale. Proviamo a fare anche questa volta il gioco del Risiko: in queste ultime settimane ho testato in più occasioni le diverse platee che mi sono trovato innanzi con ipotesi di risultato.
Per gli USA ho visto un 60% di successo di Trump contro un 40% di consenso alla Clinton, ricordiamo tuttavia che in questo caso sono impressioni italiane su che cosa accadrà tra una settimana: noi italiani non votiamo, tuttavia la stragrande maggioranza è consapevole di come ormai la stampa internazionale sia sfacciatamente schierata con la Clinton e di come Trump sia continuamente vituperato e messo appositamente in cattiva luce innanzi all’opinione pubblica. Lo stesso me lo hanno confermato alcuni statunitensi che vivono qui in Italia. Per quanto riguarda il referendum costituzionale italiano vorrei conoscere le persone che vengono intervistate dai sondaggisti dei vari talk show nazionali, visto che quando ho provato a fare il sondaggio pre-voto, il feedback ricevuto è stato alquanto diverso da quello ostentato dalle varie emittenti televisive. Sostanzialmente ho visto il fronte del NO al 70-80% contro un fronte del SI ad un modesto 20-30% a seconda della provincia in cui mi trovavo, e l’argomento sui ero stato chiamato a relazionare decisamente non riguardava né la politica italiana e né tanto meno il referendum italiano, su cui volutamente non ho mai esternato il mio pensiero. Di fatto mi sento di dire che l’establishment mondiale sta spingendo e non poco per preservare lo status quo di due paesi economicamente “core” i quali potrebbero dare avvio ad un cambio di rotta epocale sul versante occidentale. Deltronde una Clinton alla guida degli States non preoccupa nessuno anzi casomai rassicura, si tratta infatti di una continuazione della politica di Obama ossia esportazione delle democrazia nei paesi considerati ostili al modus operandi di Washington.
Un Trump che vince le elezioni, almeno sulla carta rappresenta un punto interrogativo per la politica estera degli USA per i prossimi dieci anni (a meno che non sia freddato e fermato come Kennedy nel 1963 con una false flag molto scenografica) visto che tenderebbe la mano alla Russia e ostacolerebbe poco diplomaticamente l’emersione economica dell’Asia (soprattutto la Cina si troverebbe in difficoltà). La Clinton vuole esattamente il contrario. Sul fronte europeo invece si trovano gli interessi ed gli occhi del mondo per i prossimi mesi. In Italia la vittoria del NO (ormai piuttosto credibile, a meno di brogli elettorali) darebbe inizio ad una crisi di governo con probabile caduta di Renzi già entro l’inizio del nuovo anno: a quel punto dovrebbe essere molto plausibile aspettarsi un nuovo commissariamento del paese a carico della Troika in quanto l’establishment attuale non si può permettere di portare al voto anche gli italiani durante il primo semestre 2017. Dopo la Brexit, infatti, il rischio di euro-shock è più che mai dietro l’angolo (rischio di scenario): l’Europa come la conosciamo non può esistere senza un allineamento di visione politica tra Italia, Francia e Germania. Pensate a tal fine che in Francia la vincita del Fronte Nacional è più che certa, non mi stupirei se si inventassero ancora una volta finti scandali per screditare Marine Le Pen, proprio come fecero con Dominique Strauss Kahn nel 2011 per fermare la sua candidatura all’Eliseo. Dopo la Francia ci aspetta la Germania in settembre e quanto accaduto alle recenti elezioni nel Land di Mecklenburg-Vorpommern ci fa comprendere che la carriera politica di Angela Merkel sembra sia arrivata al termine.
In Germania oggi si stima che il secondo partito per consenso è Alternative Fur Deutschland, una nuova formazione politica di destra liberale, nata appena tre anni fa, decisamente contraria alle frontiere facili e al rigore di Bruxelles, oltre che all’euro. In sintesi quindi potremmo avere i tre paesi core della vecchia CEE che potrebbero produrre un cambio di marcia epocale, immaginate infatti la Francia guidata dal FN, la Germania da AFD e io ci aggiungerei anche una possibile Italia guidata dal M5S, qualora non si riuscisse a far digerire un altro governo tecnico al Bel Paese. Fortunatamente la settimana scorsa hanno stabilizzato (per adesso) la Spagna, la quale fino ad un mese fa rischiava addirittura di essere guidata da una coalizione tra PSOE e Podemos. Quindi sul fronte finanziario ci si sta preparando, almeno chi può, ad un 2017 tutt’altro che facile. Se aggiungiamo al quadro sinora delineato il fatto che si inizia a considerare l’intervento delle varie banche centrali più di tanto modesto nella capacità di produrre con efficacia risultati nell’immediato, questo a causa di un esaurimento degli strumenti monetari disponibili. In questi termini trovano spiegazioni i recenti sell-off su quasi tutto l’obbligazionario governativo nel senso che non si desidera essere investiti in strumenti di debito troppo sensibili ai livelli dei tassi odierni (sapendo che almeno negli States saliranno) e troppo legati in termini di sostenibilità e vulnerabilità alla coesione economica e politica dell’Europa ed alla politica monetaria non più accomodante della FED per quanto riguarda gli States. Ad esempio solo prendendo un BTP italiano con tasso al 4.5 ed una scadenza al 2024 è possibile notare un sensibile deterioramento della quotazione e del trend che sino a qualche settimana fa sosteneva le quotazioni, passando per questo da un 127 punti di inizio settembre a un 123 punti odierno, quindi con una contrazione decisamente notevole di oltre 3% in appena poche settimane. Tanto o troppo, soprattutto se si considerano che ancora ad oggi vi è la BCE con il suo QE che stampella i prezzi verso l’alto.