Proprio un anno fa Nicolas Maduro gridava al mondo intero che presto il Venezuela avrebbe lanciato una propria criptomoneta denominata Petro (PTR) garantita dalle ricchezze del paese sudamericano (petrolio, oro e diamanti) in modo da aggirare l’embargo finanziario imposto dagli Stati Uniti. Il Petro è stato lanciato ufficialmente in prevendita mediante ICO durante il mese di febbraio di quest’anno ad un valore di 60 dollari americani per un totale complessivo di 100.000.000 unità di moneta: le prime sottoscrizioni si narra siano state effettuate proprio da investitori finanziari internazionali, considerando che comunque 1/5 della massa complessiva viene detenuto per ovvie ragioni strategiche dalla Superintendencia de Criptomonedas y Actividades Conexas de Venezuela. Diciamo tanto per iniziare che Maduro non ha inventato niente, in quanto una moneta coperta dalle ricchezze materiali del Venezuela era già stata ipotizzata da Hugo Chavez. Il Petro in tal senso dovrebbe essere garantito da una riserva nazionale dedicata di 5.340 milioni di barili di greggio: ricordiamo che ad oggi il Venezuela rappresenta la prima riserva di greggio al mondo con quasi 300 miliardi di greggio contro i 270 miliardi dell’Arabia Saudita situata in seconda posizione. Chi ha avuto modo di leggere il white paper della ICO ha potuto apprendere di propria sponte che il Petro sarebbe stata una moneta digitale sovrana concepita per contrastare l’egemonia del dollaro americano nel mondo.
Tramite questa criptomoneta basata sulla tecnologia della blockchain, il Venezuela avrebbe potuto affrancarsi finanziariamente e sviluppare accordi commerciali con le altre economie emergenti visto che la valorizzazione di questa criptomoneta sarebbe stata correlata alla quotazione del petrolio. Dal punto di vista tecnico, il Petro è un token con protocollo ERC20 emesso utilizzando la blockchain di Ethereum (ma sull’argomento vi sono ancora molte controversie). Il Governo di Maduro durante la fase di lancio della ICO ha speso parole incoraggianti in favore del Petro arrivando anche a ricordare che sussidi sociali e salari agli operai potranno in futuro essere pagati anche mediante questa nuova valuta digitale sovrana. La realtà purtroppo appare molto diversa a distanza di sei mesi dal lancio della ICO visto che quest’ultima non ha una dead line e ad oggi non si conosce effettivamente quanto è stato raccolto dalla sua sottoscrizione. Maduro sostiene di aver collocato 800 milioni di dollari nella fase di prevendita e circa 5 miliardi durante lo svolgimento della ICO. Il sito ufficiale del Petro (https://elpetro.gob.ve) è costantemente down da diverse settimane senza che nessuna autorità venezuelana abbia dato credibili giustificazioni. Lo stesso Maduro a fronte del palese fallimento di questo progetto di conio ha modificato il benchmark di riferimento per il Petro sostenenendo che il suo valore sarà correlato al 50% dal petrolio, al 20% dall’oro, al 20% dal ferro e al 10% dai diamanti.
Sempre Maduro per spingere la sottoscrizione del Petro (eseguibile solo attraverso il sito dedicato gestito dal governo) ha annunciato che in futuro le case, i biglietti aerei e le prenotazioni negli hotel potranno essere effettuate senza alcuna reticenza utilizzando i Petro. Tuttavia comparandolo con le duemila criptovalute oggi esistenti al mondo, il Petro risulta carente e pericoloso per i suoi discutibili standard di affidabilità (ad esempio, il numero di miners che partecipano alla blockchain è infatti inferiore a cento). Di fatto ad oggi, il Petro rappresenta solo un’idea farlocca pompata con molta enfasi demagogica, o come dicono i venezuelani, una ennesima ridicola madurada. Il paese venezuelano ha difficoltà ad approvigionarsi finanziariamente sui mercati internazionali oltre che aver subito una contrazione consistente del suo potenziale produttivo in seguito alla diaspora di tecnici ed ingegneri petroliferi che sono scappati negli anni precedenti. Stando alle analisi che elaborano e pubblicano i quotidiani delle nazioni confinanti al Venezuela, il Petro rappresenta uno sforzo disperato, se non un’autentica truffa (estafa) messa in atto da Maduro per drenare risorse finanziarie necessarie a mantenere il potere. Per questa ragione chi investe o sottoscrive i Petro di fatto sta finanziando la sua dittatura invece di aiutare l’economia venezuelana a risollevarsi.
Una volta che milioni di venezuelani hanno compreso le difficoltà ed i ritardi legati al Petro, oltre che manifestare la loro diffidenza, affranti dall’iperinflazione che colpisce l’intera economia da diversi mesi, hanno ben pensato di optare per qualcosa di già esistente e ben collaudato che fosse efficace, pratica e soprattutto lontana dagli occhi e brame del governo di Maduro e di quello statunitense. Per questo motivo la criptovaluta DASH è diventata la nuova moneta di riferimento più richiesta in Venezuela, trasformando di fatto Caracas nella prima cripto capitale al mondo. Dash consente pagamenti istantanei ed anche volendo in modalità riservata semplicemente utilizzando degli smartphone che supportano un qualsiasi Dash Wallet e la lettura dei QR Code. Visti i migliaia di venezuelani che vivono in Spagna e nelle altre nazioni ispaniche, è stato sviluppato il servizio Dash Text che consente di inviare Dash ai propri connazionali in patria mediante un semplice sms visto che in molte zone del Venezuela la rete internet va a singhiozzo (per via dei black-out elettrici) o è totalmente inesistente. Il Bitcoin non ha avuto successo in quanto oltre che essere più lento e costoso in termini di transazioni per la maggior parte delle persone è considerato come uno strumento finanziario piuttosto che una valuta alternativa ed in tal senso non appare idonea a soddisfare un bisogno pratico di vita quotidiana.