La messa a regime del bail-in entro due mesi sta causando un’ondata di isteria collettiva, le domande e le perplessità che mi rivolgono le persone ormai sarebbero degne di narrazione all’interno dei palinsesti di qualche rotocalco mediatico nazionale. In prima battuta, la paura e l’incertezza di come sarà applicato questo nuovo dispositivo di governo delle crisi bancarie apre a svariate interpretazioni ed anche possibili soluzioni ibride. Ad esempio, anche se state sotto la soglia fatidica dei centomila euro, questo non significa che non andrete in corso a conseguenze indirette in caso di un bail-in: la vostra provvista fondi verrebbe in ogni caso preservata nella sua integrità, tuttavia potrebbe essere oggetto di un blocco fondi temporaneo (che si potrebbe anche protrarre per svariati mesi) questo nell’intento di riuscire a preservare il più possibile la banca stessa e consentirne agevolmente la sua ristrutturazione finanziaria. Le vicende cipriote (che vi consiglio di andarvi a ristudiare con approfondimento) rappresenteranno il modello di riferimento a cui ispirarsi: in ogni caso in Italia, già cinque anni fa, nel 2010 abbiamo avuto un episodio apripista con il commissariamento del Banco Emiliano Romagnolo, i cui correntisti si videro congelare anche la possibile resitituzione di eventuali strumenti finanziari (leggasi dossier titoli) su istanza di Bankitalia.
Quest’ultima si era espressa in tal senso a fronte dell’insufficienza conclamata di risorse liquide per fronteggiare le passività in scadenza e nella impossibilità di reperire canali alternativi di sostegno finanziario. In seconda battuta, abbiamo l’esercito degli invasati e dei complottisti che denigrano l’impianto normativo del bail-in ed il suo funzionamento, richiamando in causa fantomatiche lobby bancarie che hanno fatto pressioni all’establishment di governo affinchè si deliberasse a favore di questa nuova proposta normativa che a loro dire farebbe pagare un ipotetico fallimento bancario solo ai correntisti. Purtroppo per loro, sono proprio le lobby bancarie a rimetterci in misura considerevole con il bail-in il quale non consente più i salvataggi di stato o il ricorso alla fiscalità diffusa per mettere in sicurezza il suo originario assetto azionario. Il bail-in si richiama ad un principio universale di meritocrazia, ossia chi governa un istituto di credito deve essere un grande banchiere ed un manager prudente ed esperto, in grado di garantire la stabilità finanziaria e la solidità patrimoniale nei confronti di tutti. Se invece i portatori di interesse (gli azionisti ed in misura superiore gli obbligazionisti) non si preoccupano di controllare il suo operato o peggio nominano e ripetutamente confermano un management team che lascia dubbi in merito a competenza ed esperienza di governance bancaria, allora fanno una scommessa e per definizione se ne assumono le successive conseguenze.
Gli episodi di cronaca finanziaria di questi ultimi dodici mesi ci fanno capire come sono state governate le banche in Italia: per la stragrande maggioranza dei casi con l’ingerenza e la longa manus della politica. Non a caso i più grandi azionisti di gruppi bancari o di realtà ancora indipendenti sono riconducibili ancora ad oggi a fondazioni bancarie che rappresentano casse di risonanza della classe politica. Pertanto l’arrivo del bail-in deve essere accolto più che favorevolmente, ritenendo che quest’ultimo nel corso tempo porti lentamente all’emersione di una nuova classe dirigente costituita da giovani banchieri manager e non di manager pseudo banchieri prestati alla politica. Non si deve ostracizzare la banca in quanto tale e per definizione. Sparare contro le banche dall’inizio della crisi finanziaria globale è diventato lo sport nazionale, tutti, ma proprio tutti all’attacco delle banche cattive (come se si potesse dirlo al di là di alcuni quozienti di patrimonio asettici), giornalisti, studenti, politici e imprenditori. Vi ricordate di Jessica Rabbit, la modella formosa sposata con il coniglio Roger Rabbit ? Rammentate che cosa diceva ? Non sono cattiva, solo mi disegnano così. Lo stesso si può dire per le banche. Sono quel che sono perchè sono nate per come le conosciamo e per offrirci un certo tipo di servizio. Devono garantirvi che i depositi che effettuate siano sicuri ed anche remunerati ad un tasso che considerate decoroso; per consentire questo tuttavia devono prestare questo stesso denaro a terzi che voi non conoscete, evitando di perderlo e cercando di farsi pagare il più possibile per garantire la sopravvivenza dell’istituto e soprattutto la stabilità e solidità dei vostri depositi.
Mi fanno ridere quei siparietti che ogni tanto si vedono in televisione in cui la banca in questione viene presa di mira con il pensionato o la giovane coppia che si disperano perchè la banca gli sta pignorando l’abitazione. Fermatevi a chiedervi: ma qualcuno ha puntato una pistola alla tempia a queste persone obbligandole a indebitarsi a trent’anni per comperare quello che magari in altri tempi non si sarebbero potuto mai permettere (quanto sopra ovviamente non vale per i casi di conclamato anatocismo). La banca in questo non ha colpe, mentre ne hanno chi si è lasciato abbindolare dalla favola del debito facile. Soffermatevi a pensare a quante volte si riflette prima di contrarre un debito e se soprattutto questo debito è essenziale ossia quello che si acquista migliorerà effettivamente la vostra vita e quella dei vostri cari: i debiti sono come le sigarette nuocciono gravemente alla salute. Piuttosto prendetevela con Clinton, Summers e Greenspan che hanno dato avvio all’era della finanza derivata per le banche di deposito e credito commerciale, accendendo la miccia alla bomba che esplosa quasi dieci anni dopo. Pertanto d’ora innanzi guardate la vostra banca tanto con diffidenza quanto con soggezione, perchè se siete clienti farà quello che dovrà fare per garantirvi molto più di prima e se invece non ne siete clienti, ricordate che dovrà proteggere quelli suoi che magari sono vostri conoscenti o parenti. Sempre nella speranza che il suo management sia rappresentato da bank managers o non da referenti del tessuto politico locale.