Mai come in questo momento storico per la nostra nazione è imperativo volgere lo sguardo oltre oceano per avere un commento tecnico su che cosa sta accedendo in Europa e verso quali rischi ci stiamo dirigendo. Soffermatevi in tal senso a pensare come sono strutturati i vari talk show nazionali e da chi sono diretti: sostanzialmente stiamo parlando di un giornalista (solitamente di sinistra) che invita come suoi ospiti ed opinionisti all’interno della sua trasmissione altri colleghi giornalisti che per par condicio ovviamente devono rappresentare entrambe le ideologie politiche di destra e sinistra. Pertanto il talk show è tutto incentrato sulla dialettica di un giornalista presentatore che intervista uno o più suoi colleghi in merito al nuovo scenario politico italiano. Tra l’altro il tutto assume ormai una connotazione piuttosto patetica e ridondante in quanto se vi fermate a riflettere un momento vi accorgerete che gli ospiti opinionisti sono sempre gli stessi all’interno dei vari palinsesti, girando a turno da emittente a emittente. Sono quasi sempre assenti figure tecniche del mondo economico e/o accademico, tranne qualche caso veramente sporadico. Volete farvi un’idea di quali sono gli attuali rischi di mercato connessi alla nuova agenda politica italiana: vi consiglio allora Squawk Box sulla CNBC alle ore 14.00 italiane. Si tratta di un talk show mattutino (quando l’America si sta svegliando ed inizia ad andare a lavorare) che commenta ed analizza i principali eventi mondiali in ambito macroeconomico ed ovviamente da qualche settimana l’Europa e l’Italia sono in pole position.
Vi sorprenderà ascoltare la trasmissione: vi sono due giornalisti conduttori che alternano interviste e collegamenti in diretta con personaggi del mondo politico, economico e finanziario. Ad esempio la settimana scorsa, molto calda per le sorti dello scenario politico italiano, intervenne al telefono in collegamento da Chicago, il Prof. Luigi Zingales, che a casa nostra non lo sentite praticamente mai interpellato. Gli ospiti come detto sono di altissimo livello, parlano il queen english (vale a dire un inglese privo di tonalità ed inflessioni nella pronuncia), ma soprattutto non sono giornalisti. Se siete un elettore o un investitore non vi interessa conoscere l’opinione di un giornalista su un argomento tecnico, volete invece avere un’idea del quadro in formazione sul piano tecnico. L’Italia in tal senso è costipata sul piano mediatico: a casa nostra contano solo gli editoriali dei direttori dei giornali e la loro view politica su tutto, raramente si permette di dare spazio ai tecnici che invece vengono spesso derisi proprio da questi ultimi. In un momento storico in cui un nuovo esecutivo si appresta a varare provvedimenti economici con ripercussioni fiscali molto aggressive (e tutti ci auguriamo che vadano a buon fine) in prossimità di un cambio di politica monetaria che ha i mesi contati, diventa essenziale conoscere il giudizio di un tecnico in tal senso visto che in caso di realtà che si discostasse molto dalle stime preventive, allora a pagare il conto saranno proprio quelli che oggi sulla carta risultano i principali beneficiari delle nuove riforme.
Purtroppo proprio sul fronte bancario siamo ancora troppo deboli, se non vulnerabili come bambini appena nati, in forza di due considerazioni esogene: le principali grandi banche italiane non sono più italiane nel senso retorico dell’affermazione. Infatti gli azionisti di maggioranza relativa oggi sono fondi di investimento inglesi ed americani che pertanto hanno molto a cuore il destino del debito pubblico italiano visto che tali istituzioni bancarie hanno una dotazione complessiva di oltre 400 miliardi di titoli di stato. Entro sei mesi cesseranno gli acquisti di obbligazioni governative e bancarie del quantitative easing (QE) il quale sino ad oggi ha supportato artificiosamente le quotazioni dei titoli stessi e compresso in questo modo lo spread. Abbiamo letteralmente vissuto in un limbo finanziario per più di tre anni con alcune nostre tipiche paure che sembrano siano andate (sbagliando) nel dimenticatoio. Tanto per fare un esempio pratico durante le ultime settimane di maggio il noto BTP che scade nel 2067 con un tasso al 2.8% è passato senza tanta fatica da 95 a 85 (ricordiamo che è stato emesso solo verso la fine del 2016) con lo spread che si è pertanto riportato a ridosso dei 300 punti. L’Italia non è in grado di reggere ad uno shock finanziario al pari di quello del 2008 o peggio del 2011: di questo sono consapevoli proprio gli investitori istituzionali esteri che in passato hanno permesso alle grandi banche italiane di rafforzarsi patrimonialmente in un momento in cui tutti scappavano (non solo finanziariamente) dall’Italia. Il nuovo ministro dell’economia ha smorzato le paure ed i toni assicurando che non si uscirà dall’euro.
Non sembra che basti questa rassicurazione, lo comprendiamo proprio dalla difficoltà di ripresa delle quotazioni delle banche italiane in questi ultimi cinque giorni al pari dei titoli di stato: sostanzialmente non si ripone fiducia sull’Italia a prescindere dal suo nuovo governo che viene etichettato come anti-establishment. Lo scetticismo scaturisce dalle dinamiche della spesa pubblica e dalle nuove politiche sociali che si desiderano adottare a fronte della genetica demografica del paese. Sia chiaro che come tanti lettori anch’io faccio il tifo per il nuovo che avanza, soprattutto vedendo Matteo Salvini al Ministero degli Interni dopo cinque anni di nauseante indottrinamento di Boldrini & Company. Purtroppo proprio il nuovo che avanza si troverà presto senza le protezioni finanziarie che invece hanno avuto i tre precedenti governi e pertanto dovrà essere molto più accondiscendente del passato nei confronti degli investitori istituzionali esteri. A questo si dovrà aggiungere il rafforzamento del dollaro americano che diminuirà l’abbrivio delle esportazioni europee ed una maggiore onerosità dei costi di produzione dovuti al rialzo del petrolio. Da inizio 2019 invece cominceremo a farci un’idea di come e quanto si rialzeranno i tassi di interesse nel successivo triennio (con ripercussioni dirette sugli interessi sul debito). Il momento storico in cui si avvicenda il nuovo esecutivo con l’intenzione di dare avvio ad un cambiamento purtroppo non appare almeno in termini di tempistiche e scenario finanziario molto favorevole, se si dovessero infatti verificare shock esogeni a livello mondiale (pensiamo solo alla trade war di Trump) i cosiddetti taill risk sarebbero di portata tale da limitare considerevolmente la sfera d’azione di ogni esecutivo in Europa.