Nelle mie svariate relazioni sentimentali naufragate nell’oblio durante la mia esistenza in forza di una conclamata incompatibilità di carattere e di stile di vita, ve ne sono state un paio che sono andate in default, previo warning e successivo downgrade, a causa di un diamante. Anzi non un diamante, ma il diamante ossia quello che il promesso sposo dovrebbe regalare alla futura moglie in qualità di pegno d’amore per l’eternità. Almeno così dovrebbe essere o lo era un tempo non tanto remoto in cui il numero di matrimoni che andava in default era rappresentato da una percentuale tutto sommato irrisoria e fisiologica. Lo ricordo ancora per chi fosse maschio e ha deciso di sposarsi nel prossimo breve termine, il 70% dei nuovi matrimoni va in default entro il secondo anno. Ma torniamo a noi: dalle mie parti si dice “ti ga da comprarghe el brillocco, se te voi continuar de ndar vanti” che tradotto dal dialetto veneto significa “devi acquistarle l’anello con il diamante se vuoi che la storia continui”. Come ne ho fatto prima menzione, in due occasioni del passato le mie relazioni sentimentali non sono andate in take profit a seguito del mio rifiuto ad acquistare il fatidico brillocco. Sia chiaro che la vertenza in questione non era correlata alla spesa in sé (che a seconda delle dimensioni e fattezze del brillocco può arrivare anche a diverse migliaia di euro) quanto piuttosto da che cosa questo acquisto in realtà celava dietro la sua farlocca apparenza materiale spesso nella totale ignoranza proprio del pubblico femminile. Ho provato a spiegarlo con eleganza e diplomazia britannica anche ad una delle due future suocere (leggasi clone replicante di Crudelia De Mon) ma avrei avuto più soddisfazione a spiegare i principi cardine della teoria della relatività ad una svampita soubrette italiana.
Ricordo che all’epoca, una volta prodotto ormai il crash diplomatico, per avviare una conciliazione bonaria proposi, in alternativa al brillocco, un pendente di oro fatto su misura in stile murrina veneziana con un disegno ornamentale che richiamava stilizzati i nomi dei due promessi sposi. Niet. Kaput. Scheizen. Schifo. Prendere o lasciare: mi compri il brillocco oppure ti cerchi un’altra. Senza esitazione, scelsi di cercare un’altra. Qualche anno dopo la scena si ripetè con un’altra pretendente al trono, tuttavia senza briefing interlocutorio con la seconda suocera potenziale (che in questo caso ricordava più Miss Doubtfire). Le mie amiche hanno ricevuto tutte il brillocco dal loro fidanzato, perchè tu non me lo vuoi comperare ? E ora fatemi passare ad una narrazione a sfondo economicamente più rilevante per spiegare il mio diniego e rifiuto nei confronti di questo pezzo di carbonio insignificante. Il mercato dei diamanti è un mercato in senso improprio del termine in quanto l’offerta è gestita da un duopolio privato: il Gruppo De Beers ed il Gruppo Leviev. Considerarlo come un investimento, a mio modo di vedere, è forse troppo azzardato, in quanto non esiste un mercato ufficiale di riferimento ed il prezzo è determinato da caratteristiche soppesate di sovente da opinioni tecniche personali. Il valore di un diamante dipende dalle famose 4C ossia colour, clarity, cut and carat. Rispettivamente: colore, purezza, taglio e peso espresso in carati. Nella fattispecie la caratura ovvero il peso è determinante in fase di acquisto/rivendita per poter incontrare maggiori opportunità: la dimensione ideale è il mezzo carato (circa 1/10 di grammo) con un costo approssimativo attorno ai 3.500 euro.
Al di là del contestato pegno d’amore, i vantaggi di possedere un diamante possono essere riassunti nei seguenti: circolazione del bene al portatore con conseguente anonimato dell’investitore, investimento presumibilmente stabile nel lungo termine ed infine esenzione fiscale delle eventuali plusvalenze realizzate nella rivendita. Gli svantaggi possono essere invece così riepilogati: mancanza di un prezzo ufficiale di mercato di riferimento come già sopra menzionato, instabilità politica dei paesi in cui si estraggono diamanti con possibili ripercussioni negative sul prezzo degli stessi nel breve periodo, quotazione delle carature spesso ancorate al dollaro statunitense in alcune aree di taglio ed infine smobilizzo dell’investimento in alcuni casi con tempi eccessivamente sostenuti. Ovviamente non è per queste motivazioni che mi sono sempre rifiutato di acquistare un brillocco, quanto piuttosto per quello che non si vede mai dietro ad una di queste pietre per la maggior parte delle casistiche di riferimento ossia il fiume di sangue e di sofferenza che alimenta il commercio di questi pezzi di carbonio. Hollywood ci ha girato un film sull’argomento proprio dieci anni fa: Blood Diamonds con uno straordinario Leonardo di Caprio, mettendo in evidenza quanto sporca può essere questa pietra e che cosa produce un insulso rituale di stampo femminista. Che senso ha suggellare solennemente il legame tra due persone utilizzando una grottesco pezzo di carbonio luccicante il cui viaggio per arrivare al dito della propria amata è caratterizzato da un fiume di sangue, spesso di sfortunati bambini poveri ed orfani, senza dimenticare anche il sostegno finanziario che l’acquisto di quel diamante ha concesso indirettamente alle peggiori dittature militari di qualche stato africano.
Ma la ridicola usanza occidentale a cui un maschio deve sottostare pretende che il fidanzamento sia ostentato con questa pietra di fatto rossa, che non emana luce, ma karmicamente sofferenza, malessere e ingiustizia. Ve ne racconto un’altra. Qualche tempo addietro un imprenditore orafo con qualche dozzina di negozi compro oro sparsi per il triveneto durante una cena mi ha rivelato una prassi sempre più diffusa che accade nei suoi punti vendita ossia quella di svendere il brillocco in caso di separazione o divorzio. Vale a dire che la ex moglie per fare un torto all’ex marito si precipita di getto in un compro oro e svende il brillocco per un tozzo di pane, metaforicamente parlando. Dopo, tutta contenta chiama l’ex marito e gli racconta che con il ricavato dell’anello di fidanzamento, da lui strapagato qualche anno prima, si è comperata l’ultimo modello di i-Phone o si è pagata una vacanza in qualche paradiso esotico alla ricerca dell’uomo della sua vita. Quello che non sanno tuttavia la maggior parte dei maschi che comperano il brillocco è che spesso l’anello acquistato dal compro oro a sua volta viene riacquistato successivamente da qualche gioielliere, viene smontato, ripulito, conificato (per levare la eventuale dedica), lucidato e rimesso in vendita come nuovo, sia il singolo diamante che la singola montatura oppure meglio entrambi ! Pertanto può capitare (sempre più spesso) che si possa pensare di comperare una pietra unica nel suo genere, quando magari è stata già portata da un’altra persona qualche mese o anno prima, la quale lo ha venduto giudaicamente per quattro denari in preda ad un attacco di rivalsa o per vendetta personale. L’unica cosa che è eterna con i diamanti è il giro d’affari che ci sta dietro fintanto che ci sono molti tonti di sesso maschile che continuano ad alimentare l’acquisto di questo sporco pegno d’amore. Per la cronaca, le mie due ex aspiranti coniugi a distanza di anni dai fatti di cronaca sopraesposti si sono ovviamente sposate con altri partner: il matrimonio della prima è durato appena diciotto mesi, la seconda si è invece separata ad inizio anno, ognuna comunque aveva ottenuto quello che aveva preteso da me a suo tempo ossia il brillocco farlocco. Attenzione che se dovete acquistare un anello di fidanzamento nei prossimi mesi, non mi stupirei che vi imbattiate proprio in quello di queste due sgallettate.