Ho partecipato di recente ad un contest internazionale di giocatori di golf non professionisti organizzato all’interno di un golf resort situato in Costa del Sol nella provincia di Siviglia: sostanzialmente ci siamo sfidati tra addetti ai lavori, traders, brokers, analisti finanziari, money managers, portfolio managers, oltre a tante altre figure professionali del mondo finanziario. Età media 45 anni, appartenenza e provenienza da quasi tutto il nord europa; verso le ore serali a fine giornata si perdeva il conto delle escort che presidiavano il lounge bar, la hall dell’hotel, l’ingresso alla clubhouse, la palestra, la sauna e cosi via. Come spesso accade in queste occasioni, io sono l’unico italiano iscritto. Tuttavia quest’anno hanno partecipato per la prima volta anche numerosissimi extracomunitari, mi riferisco ai colleghi inglesi. Devo ringraziare un caro amico e collega maltese, che quest’anno non ha potuto purtroppo partecipato, il quale alcuni anni addietro mi fece entrare in questo ambiente, intendo il mondo del gioco del golf. Al di là della competizione e del contesto elitario che contraddistingue questi eventi, l’occasione è utile anche per socializzare, confrontarsi con altri operatori di borsa e soprattutto conoscere (se possibile) come si potrebbero muovere le mani forti in determinanti momenti di mercato. Chiaro che l’argomento principale di conversazione è stata la Brexit con tutte le sue interpretazioni e considerazioni del caso. Io sono rientrato a fine torneo con una view di mercato piuttosto temeraria formulatami da un senior broker extracomunitario (quindi inglese) di oltre dieci anni più vecchio di me che ho conosciuto durante il soggiorno al torneo. Questo “tio” per usare un vocabolo spagnolo, originario di Birmingham, ma operativo nella City da qualche decennio mi ha raccontato il suo miglior investimento di sempre.
Ha acquistato un tricamere (three bedrooms apartment) in una palazzina in zona universitaria al tempo piuttosto sfigata: l’acquisto risale ad inizio anni novanta, il prezzo spuntato è stato di 100.000 pounds (round figures). All’inizio l’immobile era adibito a sua dependance per quando ritornava nella sua città natale, successivamente è stato messo a reddito, affittandolo (under the counter ossia in nero) a studenti britannici. Oggi quell’appartamento se volesse venderlo, varrebbe oltre 500.000 sterline, Brexit inclusa, a seguito del processo di riqualificazione che nel tempo ha caratterizzato quel quartiere. Lui stesso mi ha rivelato che quell’investimento si è trasformato lentamente nel suo fondo pensione, sia per la rendita che genera e sia per come si è rivalutato ano dopo anno. All’inizio era titubante nell’effettuare l’investimento, soprattutto per uno che operava nei mercati finanziari, ma l’idea ed il desiderio di ricercare qualcosa che in quel momento era ampiamente sottovalutata e che il tempo avrebbe fatto apprezzare, lo convinse ad accendere la luce verde. Dopo tutto quando vai long sul mercato, il tempo è il tuo migliore amico. Mi ha chiesto se avessi fatto anch’io qualcosa di similare, tuttavia nel mio caso investimenti con performance molto elevate possono essere ricondotti solo ad obbligazioni corporate e titolo di stato acquistati in momenti di forte stress finanziario per l’emittente. Fu proprio in quel contesto che se ne venne fuori con la view (decisamente contrarian) sulle banche italiane ossia che lui ed altri colleghi avevano iniziato ad accumulare posizioni long su alcuni titoli bancari italiani, appena dopo la vicenda Brexit ovviamente attraverso uno scaling di posizione con l’idea di spalmare gli ingressi su una finestra temporale da qui a fine agosto.
Rimasi perplesso: un conto è tradare in ottica hit & run sui titoli con un time frame molto ristretto (al più qualche giorno), un conto è stare in posizione su banche italiane che da inizio anno occupano regolarmente le prime pagine della stampa di settore. La risposta che mi diede fu quella di ritornare indietro con la memoria al 2011, all’estate di quell’anno in particolar modo, quando si pensava che i BTP italiani sarebbero stati congelati, quando si paventava l’ipotesi di un default parziale dello stato italiano, quando i decennali italiani scesero a 80 punti e nel panico generale la maggior parte dei piccoli investitori scappava dal governativo italiano. Fior di blogger pseudo finanziari consigliavano di stare alla larga dai titoli di stato italiani e caso mai di venderli quanto prima in vista dell’imminente fallimento del Paese. Fermatevi a riflettere: due anni dopo quanto valevano quei BTP acquistati in quel momento di irrazionalità ? Oltre 110. Performance realizzata oltre il 35% senza contare nel frattempo il flusso cedolare. A tenerli sino ai giorni nostri la performance avrebbe superato il 70% e stiamo parlando del titolo di debito del secondo paese più indebitato e problematico del mondo. La situazione in cui vertono le banche italiane non è una novità, tuttavia Brexit ha esacerbato la view di mercato alimentando i peggiori scenari: tuttavia secondo molti analisti i prezzi attuali di alcuni istituti di credito potrebbero essere frutto di un’isteria finanziaria collettiva proprio come lo furono i BTP quattro anni fa. Oggi una MPS vale quasi la metà di quanto dovrebbe valere Banca Popolare di Vicenza: tuttavia nella prima sono presenti in qualità di investitori istituzionali esteri grandi nomi altisonanti come AXA, BlackRock e persino la Cina, senza dimenticare il primo azionista che oggi è il Tesoro Italiano con una quota che si avvicina al 7%.
In queste giornate di borsa, vediamo tutto il comparto bancario italiano sotto assedio, non si salva nessuno: da inizio anno abbiamo banche che hanno ceduto oltre il 70%, solo Unicredit valeva circa quattro euro otto settimane fa e ora prezza abbondantemente sotto la soglia dei due euro. Siamo in presenza di una nuova ondata di isteria e di follia emotiva: è possibile. Questo non significa che queste banche non possano fallire, tuttavia la fase di concertazione che si sta portando avanti con la Commissione Europea volta a mettere provvisoriamente in stand-by la procedura di bail-in dovrebbe far presagire a qualcosa di buono. Proprio come i BTP nell’estate del 2011. La UE non si può permettere di abbandonare le banche italiane, in questo caso infatti sarebbe la fine di tutto quello che rappresenta: i colleghi inglesi stanno scommettendo su questo ossia acquistano confidando in un intervento sovranazionale di portata eccezionale. Sir John Templeton, fondatore della omonima casa di investimento, sosteneva che i veri affari sui mercati finanziari si fanno solo quando scorre il sangue per le strade, alludendo a disastrose giornate di sell-off. Ora non voglio invitare ad acquistare con irresponsabilità azioni di banche italiane, tuttavia se non mettiamo un gettone sul tavolo del banco questa volta, letteralmente scommettendo su qualche titolo, quando lo dovremmo fare ? Magari tra due anni l’intero comparto bancario italiano prezzerà due o tre volte i livelli attuali. Possibile e probabile, ma non certo. Se grandi banche del calibro di Unicredit, Intesa SanPaolo o MPS, dovessero ricorrere alla procedura del bail-in a quel punto avremmo tutt’altro tipo di problemi da gestire come italiani che il denaro perduto in una singola scommessa finanziaria. Magari, ma solo per chi se lo può permettere, un paniere di titoli bancari ben ponderato, acquistato durante questa estate si potrebbe trasformare tra dieci anni nel fondo pensione fai da te di cui faceva menzione il broker di Birmingham che ho conosciuto. Stiamo a vedere: ancora una volta il tempo potrebbe diventare il nostro migliore alleato.