La regina delle criptovalute riconquista le prime pagine dei giornali mondiali dopo tre anni di nervose salite e discese, spesso alimentate più dalla paura ed avidità più che dalla razionalità. Il Bitcoin è ormai prossimo alla soglia dei 20.000 dollari, proprio come avvenne alla fine del 2017 dopo una furiosa bull run che venne denominata la Bitcoinmania, parafransando la Tulipanomania del 1600 in Olanda. Questa volta sarà diverso oppure dobbiamo aspettarci un nuovo crypto winter ? Abbiamo in tal senso alcuni elementi strutturali che aiutano a comprendere le differenze con i precedenti cicli di vita del Bitcoin. Iniziamo con il dire che il mondo delle digital assets in senso lato è diventato molto più finanziarizzato rispetto al passato: oggi la criptosfera rappresenta un envinronment finanziariamente molto liquido e molto più efficiente.
In questo momento la capitalizzazione di mercato complessiva ha superato abbondantemente i 500 miliardi di dollari ed al tempo stesso vede la presenza di importanti attori istituzionali di mercato che fanno comprendere come sia mutata la genetica distintiva non solo del Bitcoin ma di tutta la criptosfera. Citiamo a riguardo il caso di Galaxy Digital, Pantera Capital, Fidelity Digital Assets, Bakkt, BitGo e Binance. Senza dimenticare le cosiddette Bitcoin Treasuries ossia un pool di grandi società finanziarie che hanno lentamente accantonato imponenti tesorerie di Bitcoin, arrivando a detenere quasi il 5% della massa monetaria mondiale nella convinzione di come il Bitcoin si convertirà in una commodity finanziaria universalmente accettata capace di proteggere dalla svalutazione del dollaro americano e dalla inflazione prodotta dalle politiche ultra espansive delle banche centrali del mondo in questi ultimi tre anni.
Possiamo dire a tal proposito che la finanza tradizionale ha cambiato la propria idea sul Bitcoin, passando letteralmente dalla derisione di tre anni fa alla sua adozione istituzionale. Proprio questo termine ci aiuta a comprendere il mercato di oggi: vale a dire che la recente bull run di Bitcoin rappresenta un fenomeno di adozione istituzionale di massa contrariamente a quanto avevano ipotizzato al principio della sua genesi il suo fondatore e la comunità ortodossa dei primi Bitcoin Evangelist. Sono le mani forte dei grandi attori istituzionali che ora fanno il prezzo e non più l’irrazionalità manifesta dei piccoli investitori retail improvvisati. Abbiamo conferma di questo proprio dal costante e progressivo accumulo di posizione rialziste da parte delle Bitcoin Treasuries oltre che dagli endorsement dell’ultima ora di importanti tycoons e politici di fama mondiale.
Le riserve sugli exchange continuano a scendere, mentre gli indirizzi attivi continuano ad aumentare: segno questo che si acquistano Bitcoin con l’idea di segregarli e custodirli per molto tempo o addirittura per sempre. Nel 2017 il Bitcoin poteva essere invece paragonato ad una sorta di biglietto della lotteria: orde di invasati senza alcuna formazione finanziaria lo acquistavano semplicemente perchè ne avevano sentito parlare alla televisione, in palestra o nel blog di qualche disonesto filibustiere con un passato professionalmente fallimentare. Il cripto winter del 2018 riportò tutti con i piedi per terra: dai massimi di fine 2017 il Bitcoin arrivò a contrarsi anche del 75% a distanza di quasi un anno, prima di stabilizzarsi e riprendere a salire lentamente e progressivamente proprio in forza dell’arrivo dei primi fondi di investimento specializzati in crypto assets: anche in Italia è nato il primo incubatore finanziario ad investire come attore istituzionale in digital assets: www.youchain.it. La rottura attesa della soglia dei 20.000 dollari ci porterà per la prima volta in 12 anni in un terreno inesplorato: solo a quel punto si potrà comprendere la effettiva portata di questa recente propulsione rialzista.