Se c’è qualcosa di cui ho nostalgia sono gli anni Novanta: avevo da poco terminato le scuole superiori, iniziavo ad avere qualche banconota da centomila lire in tasca ogni settimana, mi apprestavo a studiare economia all’università ed avevo la patente di guida da qualche anno assieme ed una modesta utilitaria usata per dare sfogo alle prime scorribande giovanili. All’epoca i miei genitori misero al bando il motorino o suoi fac-simile e pertanto passare dalla bicicletta ad un proprio mezzo di locomozione a 60 cavalli fu come andare sulla Luna. All’epoca Facebook non esisteva, al pari di internet e della Play Station, i ragazzi e le ragazze di quel periodo avevano un solo unico mantra: la discoteca. Tra il 1990 ed il 1999 si sono vissuti i dieci anni più entusiasmanti e carismatici di ogni epoca giovanile del passato. La discoteca per chi allora era appena ventenne rappresentava una sorta di Second Life, un mondo parallelo che iniziava alle 22.00 e terminava di solito alle 04.00 del giorno successivo. Vi erano riviste settimanali dedicate al mondo della notte, negozi specializzati esclusivamente all’abbigliamento per i locali da ballo (qualcuno forse si ricorda ancora la catena di shop denominata Inferno & Suicidio), trasmissioni radiofoniche e televisive che intervistavano i dee jay ed i vari producer musicali che lanciavano periodicamente il sound riempipista per ogni stagione, due su tutti Please Dont’Go o Rhythm is a Dancer. E poi c’erano loro, le discoteche, queste arene di ballo e sballo, icona simbolo del popolo della notte. Tutto questo ora fa parte, purtroppo, del passato, scomparso quasi fosse solo stato una meteora, proprio come è scomparso quella tipologia di divertimento tutto sommato molto più genuina e spontanea rispetto al comportamento amorfo dei giovani di oggi tutto incentrato sulle interazioni virtuali dei social network e sulla assuefazione da slideshot di smartphone & company.
Chi oggi ha vent’anni e pertanto era appena nato durante quel decennio, non ha nemmeno idea di che cosa si è perso e di che cosa non ha potuto toccare con mano. Ricordo che allora tra i tanti disco club che frequentavo (venerdi, sabato e domenica) ve ne erano alcuni che facevano anche duemila ingressi a sera con le relative code in auto per avvicinarsi ai vari parcheggi. Tra noi ventenni si fantasticava spesso quanto avesse incassato la tal discoteca a fronte della serata che si era trascorso la sera prima, di quanto tempo avevi dovuto aspettare ai bar interni prima di essere servito o a quanto tempo ci si impiegava per farsi accreditare alle liste dei PR come guest in modo da entrare con una tariffa scontata di cortesia (diecimila lire quando ti andava bene, altrimenti erano venti o anche venticinquemila). Molti di noi sognavano di diventare un giorno gestori di un locale da ballo perchè sembrava un mestiere gratificante, socialmente molto invidiato ed anche molto ben retribuito. Sembrava appunto. Meno male che nessuno di quelli che apparteneva al mio cerchio magico ha intrapreso quella strada. Già nei primi anni del 2000 la musica era cambiata, ma non quella delle piste, quanto quella dei gestori e proprietari stessi, ingressi costantemente in calo (quasi fosse stata una maledizione l’entrata nell’euro o lo spauracchio del millennium bug), clienti potenziali con sempre meno il desiderio di cavalcare musicalmente la notte, quasi come se il tutto si fosse ormai trasformato in una spocchiosa moda passeggera.
Sono passato di sera alcuni mesi fa innanzi ad alcune discoteche storiche del vicentino e mi si è fermato il cuore. Boom, Expo, Macrillo, Decò, Dimodà sembrano diventate macerie post bombardamento o edifici abbandonati a causa di un sisma. La sensazione che si prova fermandosi a ricordare come pulsavano di vita appena due decenni prima quelle discoteche è devastante, soprattutto per chi da giovane in quei locali ha vissuto la gran parte dei primi approcci con l’universo femminile. Questo non vale solo per Vicenza, ma quasi ovunque, da Jesolo a Rimini, da Milano a Palermo, la discoteca non esiste più o se non altro non esiste più quel tipo di discoteca ed il night life ad esso collegato. All’epoca non esistevano i selfie o le macchine fotografiche digitali: rimpiango di non aver mai portato in discoteca anche una vecchia Polaroid per immortalare uno di quei momenti, in mezzo alla pista o sul priveè con qualche cubista in pedana. Pensare invece che oggi si va in questi pseudo-locali che si fanno chiamare disco-club con il fine unico di farsi fotografare con l’amico/a di turno per postare la foto su qualche social aspettando il commento degli altri: più che dance club si dovrebbe chiamare mind hospital.
La droga esisteva anche allora, ma in quantità molto più modesta rispetto ad oggi ed era soprattutto sintetica (Spectrum e Starlight erano le pastiglie di ecstasy più diffuse). L’ultimo flashback che ricordo di quel periodo risale al 1999, quando all’interno di una toilette maschile vidi adagiato sul pavimento un giovane ragazzo in overdose con una siringa in mano. Chi oggi è adolescente forse non ha conoscenza di quel tragico fenomeno giovanile che ha caratterizzato sempre quel decennio: le stragi del sabato sera, di cui adesso non sentite più parlare grazie ad auto moderne molto più sicure e grazie all’aumento sistematico dei controlli sulle strade. Personalmente sono stato vittima di due incidenti quasi mortali a distanza di due anni l’uno dall’altro con l’auto semidistrutta o scaraventata giù da una scarpata. Miracolasamente ne sono uscito illeso. Molti amici e conoscenti invece li ho persi in quanto la sorte ha riservato loro un trattamento diverso. Il mondo delle discoteche degli anni Novanta ci ha prima sorpreso ed entusiasmato con il suo boom e successivamente shoccato e rattristato con il suo sboom: quello che ad inizio 1990 sembrava una miniera d’ora appena dieci anni dopo si era trasformato in una catapecchia abbandonata. Probabilmente quel decennio ha rappresentato per il nostro paese il culmine di una fase di crescita e benessere economico che ha prodotto un desiderio di spensieratezza e divertimento il quale ha trovato sfogo e materializzazione proprio nel mondo della notte legato alle discoteche. Non rivedremo mai più niente del genere, semmai qualcosa diametralmente opposta.