In questi ultimi dieci anni oltre i 2/3 degli italiani hanno perso denaro a causa della loro asset allocation prediligendo due tipologie di asset class che durante il decennio passato si sono svalutati significativamente, soprattutto in termini reali. Sto parlando del mercato immobiliare e dei depositi bancari, questi ultimi prediletti dai BOT people dopo il crollo finanziario del 2008. Durante questi dieci anni nel frattempo il mondo è cambiato più velocemente di quanto avesse fatto negli ultimi cinquant’anni. Fermiamoci un momento a fare un veloce excursus: TARP, Fiat acquista Crysler, primavera africana, Apple perde Steve Jobs, governo tecnico in Italia, crisi greca, MES, terrorismo in Europa, bail-in bancario, up & down dell’oro, Brexit, Bitcoin, Trump, populismo, banche venete & company, MeeToo, trade war, Greta Thunberg, tassi sui depositi bancari negativi ed infine ascesa e declino del M5S. La paura di quanto stava accadendo attorno a loro ha spinto milioni di italiani a starsene fermi in qualche conto deposito aspettando tempi migliori, soprattutto aspettando che i BTP tornassero a diventare sicuri e pagassero profumate cedole al cinque per cento. Lo stesso dicasi per il mercato immobiliare: mi rifugio nel buon vecchio mattone che almeno lì non perdo denaro.
Dal 2010 al 2020 i risparmiatori e piccoli investitori italiani purtroppo non hanno investito minimamente in cultura e formazione finanziaria, nonostante nel frattempo le banche italiane abbiano perduto (per sempre) il loro ruolo chiave di fiduciarie del risparmio (tradito). Il risparmiatore italiano dopo quanto è accaduto non si è posto il dilemma che forse il conflitto di interessi con chi detiene i suoi risparmi ed i suoi assets finanziari debba essere risolto una volta per sempre. Nemmeno gli scandali bancari hanno prodotto una qualche sorta di shock cognitivo basato sul dolore emotivo: ho perso denaro perchè sono finanziariamente stupido ? Non è un mio problema, ci deve pensare lo Stato o il Governo a farmi recuperare il denaro che ho impropriamente investito. Provate a chiedere a chiunque ancora oggi che differenza vi è tra investire e risparmiare, ma soprattutto chi deve investire e chi deve risparmiare. L’ignoranza finanziaria ha causato una consistente svalutazione dei propri assets finanziari durante questi ultimi dieci anni: un qualsiasi patetico fondo bilanciato (50% azioni e 50% bonds) avrebbe prodotto almeno un 5% all’anno, quelli più dinamici e brillanti sono arrivati al 100%.
Vedo ancora oggi dossier titoli che mi vengono presentati che in dieci anni (soprattutto quelli appena trascorsi) hanno realizzato se va bene un 20% a fronte di prelievi commissionali ingiustificabili (almeno nel merito della gestione). La prima domanda che pongo a chi mi chiede un’analisi del suo portafoglio è: quanto costa annualmente questa gestione patrimoniale che ti hanno proposto ? Risposta: non ne ho idea, mi sono fidato della persona che me lo ha proposto. Come ho detto non è cambiato niente. Non si è sviluppata autonomamente una coscienza finanziaria collettiva. In Italia un piccolo investitore o risparmiatore ha sviluppato una straordinaria ed inconsueta capacità di distruzione di valore, pretendendo condizioni finanziarie insensate quando lo scenario macroeconomico è in piena metamorfosi. Chi non ha ancora capito che non si rivedranno mai più rendimenti superiori al 2% per gli asset risk-free è destinato a continuare ad erodere la sua ricchezza finanziaria sia in termini reali che nominali. Pensateci un momento: nel 2010 ci si poteva rifugiare sul Bund o su un deposito bancario di una qualche banca presumibilmente solida.
Oggi questa strategia è impensabile: i tassi sui governativi in area euro sono negativi (significa pagare per prestare denaro alla Germania o alla Francia), mentre i depositi bancari oltre ad avere il limite di sicurezza fino ai 100.000 non vengono remunerati (se parliamo di banche il cui destino è rincuorante). Per questo motivo è stato varato nell’ambiente finanziario il detto di low for long vale a dire tassi bassi o negativi ancora per molto tempo, forse anche fino a dopo il 2030. Questo nella consapevolezza che siamo entrati da tempo in una nuova dimensione fisiologica per l’economia mondiale dovuta alla slowbalization ed all’inefficacia latente delle politiche monetarie delle banche centrali occidentali. Con il primo termine si vuole esprimere il concetto di rallentamento dell’economia mondiale a seguito di grandi nuovi temi mondiali come il contrasto al riscaldamento mondiale, il protezionismo sul commercio mondiale e l’invecchiamento della popolazione nelle nazioni occidentali. Con la seconda allocuzione si vuole evidenziare come ormai le banche centrali occidentali abbiano esaurito le munizioni in loro dotazione: d’ora innanzi solo la politica fiscale può animare con vigore la crescita economica ovviamente questo vale per l’Europa e non per gli Stati Uniti che lo hanno già fatto con l’Amministrazione Trump. Siamo entrati in un nuova epoca storica in cui con molta presunzione si dovranno anche riconcepire le modalità di valutazione degli asset finanziari. Con tutto quello che questo comporterà per la gestione del rischio di portafoglio.