La discesa in campo dei giganti della finanza tradizionale statunitense durante la seconda metà dell’anno ha rappresentato il principale driver di mercato che ha permesso ai crypto markets di uscire dalla crypto glaciazione per entrare in una nuova primavera. Per chi ancora non lo sapesse durante il 2023 sono state presentate alla SEC richieste di approvazione di ETF Spot Bitcoin per il mercato statunitense da parte di BlackRock, Fidelity, Franklin Templeton, Invesco, Wisdom Tree, VanEck, Bitwise, Ark Invest e Global X. Queste grandi aziende del risparmio gestito infatti avrebbero intenzione di offrire alla propria clientela la possibilità di poter investire per ora nella prima delle crypto currency per capitalizzazione complessiva ossia Bitcoin [BTC] senza tuttavia affrontare le tipiche problematiche che l’investimento nativo comporta [gestione del wallet, custodia segregata, recovery procedure e fiscalità]. Questa inaspettata notizia ha animato il mercato, creando notevoli aspettative per il prossimo futuro, soprattutto se consideraimo che è arrivata in pieno clima di ostilità da parte delle SEC nei confronti di un basket di altcoins ad elevata capitalizzazione, ritenute queste ultime al pari di una security.
Abbiamo pertanto assistito a partire dalla fine dell’estate ad un lento e progressivo recupero della quotazione di Bitcoin che è riuscito a riportarsi sopra i 40.000 dollari, trascinando con sé tutte le principale altcoins a media ed elevata capitalizzazione; per il 2024 le aspettative sia da parte di trader professionisti che delle crypto comunity dei fan boys sembrerebbero essere rosee sia per l’avvicinarsi del quarto ciclo di halving e sia per la fine della politica di restrizione monetaria attuata dalle banche centrali occidentali che favorirebbe tutti gli asset rischiosi [tra cui il mondo crypto]. Purtroppo questo scenario idilliaco potrebbe profondamente deteriorarsi a fronte di un possibile cigno grigio previsto durante la metà di Gennaio 2024: si tratta del courtcase tra COPA e Craig Wright presso la High Court of Justice in Inghilterra relativamente alla paternità di Bitcoin. Andiamo per gradi e spieghiamo senza troppa complessità di che cosa si tratta per chi non è del settore. Nel 2016 un computer scientist australiano, Craig Wright, ha iniziato a sostenere di essere Satoshi Nakamoto, il misterioso ideatore di Bitcoin, nello stesso tempo ha registrato negli Stai Uniti il copyright per il White Paper di Bitcoin. Da quel momento sono iniziate un insieme di azioni legali per risarcimento danni nei confronti di una moltitudine di noti attori del mondo crypto tra cui Coinbase, Square e Blockstream, i quali risulterebbero pertanto rei di sfruttare il marchio Bitcoin a danno del suo ideatore ossia Craig Wright.
La complessità ed articolazione di tutte queste diverse azioni legali azionate in diverse giurisdizioni ha spinto tutti i soggetti chiamati a rispondere di danni per la violazione della proprietà intellettuale e per concorrenza sleale [passing off] ad unire le forze per dare vita al Crypto Open Patent Alliance [COPA]. Questo consorzio di imprese operanti nel settore crypto ha ritenuto strategico citare in giudizio lo stesso Craig Wright per dimostrare che egli non sia Nakamoto [Identity Issue], ed anche qualora questo non lo si potesse dimostrare, in ogni caso alcun copyright sulla proprietà intellettuale di Bitcoin può essere preteso. Questa specifica vicenda legale [courtcase] è stata proposta innanzi alla High Court inglese [Intellectual Property Section], la quale in una prima espressione datata 07.02.2023 a firma del Giudice Justice Mellor ha respinto per inammissibilità la possibilità di pretendere un copyright sul Bitcoin File Format, quest’ultimo rappresentativo del lavoro di concetto in ambito informatico, unico ed originale su cui si basa sia il primo blocco della blockchain di Bitcoin [Genesis Block] ed inoltre anche lo stesso White Paper di Bitcoin. Tuttavia il 20.07.2023, a fronte dell’appello incardinato da Wright, la Corte di Appello inglese ha ribaltato all’unanimità la prima espressione della corte ritenendo che Wright abbia una reale prospettazione di successo che il Bitcoin File Format possa essere considerata come un’opera intellettuale protetta dal diritto d’autore [real prospect of successfully establishing].
Qualora la High Court dovesse avallare la documentazione probatoria presentata da Craig Wright a supporto delle sue pretese e lo confermasse pertanto quale autore del Bitcoin File Format con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, questo aprirebbe la porta alle richieste di risarcimento danni per violazione della proprietà intellettuale alle aziende che fanno parte di COPA. Inoltre Bitcoin potrebbe potenzialmente perdere credibilità a livello mondiale, cosa che comprometterebbe la sua adozione nel medio e lungo termine. Inutile aggiungere che il seguente cigno grigio [grey swan] avrebbe un impatto nefasto sulla stessa quotazione, tanto da poter produrre finanziariamente un gravoso reprincing. Per avere una idea del rischio esogeno che grava su Bitcoin nelle prossime settimane [l’espressione della corte è attesa per la seconda decade di Gennaio 2024], quanto sopra esposto è testualmente citato all’interno dei Registration Statements degli ETF Bitcoin Spot che sono stati richiesti in approvazione alla SEC da parte di BlackRock e Fidelity. Uno scenario intermedio potrebbe ipotizzare il rebranding di Bitcoin in qualcosa che non contenga in questo caso il termine Bitcoin come Core Coin oppure BitCore in quanto il termine Bitcoin sarebbe protetto in qualità di proprietà intellettuale. Ulteriori approfondimenti.