L’inefficienza della giustizia italiana rappresenta il terzo fattore discriminante, dopo la pressione fiscale e l’eccesso di burocrazia, che fa scappare all’estero i nostri imprenditori, rappresentando al tempo stesso un deterrente per gli investitori esteri. Ricorrere alla giustizia ordinaria mediante i suoi strumenti tradizionali costa troppo sia in termini di tempo che di portafoglio: chi subisce un torto rischia di rimanere in uno stato di sospensione economica anche per oltre dieci anni a causa della lentezza ed inefficienza dei tre livelli di giudizio ordinari. Per comprendere il grado di priorità nazionale che ha l’identificazione di una soluzione efficace ed efficiente a questo problema strutturale a livello nazionale potrebbero bastare le numerose condanne che ha ricevuto l’Italia dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo per la sua molossica lentezza. Una giustizia che funziona male, o peggio che non funziona come ci si dovrebbe aspettare, arreca un danno all’economia nazionale, in quanto crea incertezza nell’attività di impresa e scoraggia l’investimento privato.
L’origine di questa inefficienza e lentezza è dovuta ad un elevato indice di litigiosità (in Europa siamo secondi, davanti al Belgio) rapportato alle risorse disponibili della pubblica amministrazione: significa che l’Italia spende per la giustizia tanto quanto Germania, Francia e Spagna in termini percentuali sul PIL, tuttavia ha un indice di litigiosità (numero di procedimenti incardinati in rapporto alla popolazione) che sono quattro volte quelli tedeschi, tre volte quelli spagnoli o due volte quelli francesi. Questi livelli elevati di litigiosità è assodato che sono attribuibili tanto allo spirito di rivalità italiana conseguente le suddivisioni sociali e culturali del territorio nazionale quanto al numero spropositato di avvocati che l’Italia può ormai vantare, sul piano quantitativo ne abbiamo tre volte la media europea, di fatto in Europa siamo la prima nazione per numero di avvocati (oltre 240.000). Appare difficile pertanto pensare di migliorare la giustizia per renderla efficiente e veloce quando così tanti attori di mercato hanno interessi esattamente opposti, volti a garantire la proliferazione e l’allungamento dei procedimenti giudiziari sui quali sono calcolate le loro tariffe professionali secondo il noto motto professionale “causa che pende, causa che rende”.
Per questo motivo deve essere considerata una priorità nazionale ridurre i livelli di litigiosità mediante la limitazione alle possibilità di appello e di ricorso ai giudizi di grado superiore in modo da evitare il protrarsi di condizioni di incertezza e volubilità per diversi anni. Sulla scorta di questa rappresentazione, Metesis ha concepito un nuovo strumento giuridico con adozione facoltativa, pratico ed efficiente per redimere eventuali liti che dovessero nascere tra una o più parti, con l’obiettivo di istituire volontariamente un solo grado di giudizio caratterizzato da una tempistica certa e predefinita. Metesis propone l’istituzione dell’OCCA ossia acronimo di Opzione Consensuale di Compromesso Arbitrale attraverso la quale due o più soggetti privati, iscritti volontariamente in uno specifico registro a consultazione pubblica, risolvono consensualmente l’insorgenza di una lite in materia civilistica esclusivamente per vie stragiudiziali, ricorrendo al solo giudizio di un arbitro indipendente alle parti, nominato di comune accordo (l’arbitro può essere costituito anche da un collegio di arbitri a numero dispari). Qualcuno potrebbe sollevare l’obiezione che esiste già la mediazione obbligatoria ai sensi della Legge 98/2013 più conosciuta come Decreto del Fare durante il Governo Letta che istituiva appunto la mediazione ante causam per le controversie civili.
Sul piano pratico l’attuale normativa obbliga esplicitamente ad avviare ante causam un procedimento di mediazione tra le parti pena la condizione di procedibilità della successiva ed eventuale domanda giudiziale: significa che in assenza di un accordo conciliativo tra le parti è possibile a quel punto procedere per le ordinarie vie giudiziarie. L’OCCA è invece concepito per produrre un solo giudizio il quale è insindacabile ed inappellabile, impedendo pertanto in seconda battuta la possibilità di ricorrere alla giustizia ordinaria. L’adesione all’OCCA è facoltativa: chi accetta di aderire al Registro Pubblico dell’OCCA è consapevole che l’esito del giudizio arbitrale farà stato tra le parti. Possono essere iscriversi tanto persone fisiche quanto soggetti con una propria personalità giuridica. Questo significa che dal momento dell’iscrizione, qualsiasi lite che dovesse essere azionata da un soggetto iscritto nei confronti di un altro iscritto al Registro Pubblico dell’OCCA potrà essere effettuata esclusivamente ricorrendo all’OCCA.
L’adesione all’OCCA comporta una serie di benefici di intuibile ed immediata percezione: innanzi tutto essendo previsto un solo grado di giudizio si produce un deterrente nei confronti di eventuali intenti dilatori di una delle parti che sa di essere in torto, le parti scelgono di comune accordo l’arbitro o il collegio arbitrale a cui affidare il giudizio sulla lite, gli oneri della lite sono esplicitati in anticipo a fronte di una tariffario nazionale che presuppone tariffe decrescenti in relazione alla durata del giudizio, non sussiste l’obbligo di essere assistiti da un avvocato, non sono ammesse deposizioni dal vivo di testimoni, mentre sono ammesse deposizioni autenticate di testimoni per iscritto (in questo modo si velocizza la fase istruttoria dell’intero procedimento giudiziario), possono essere ammesse come evidenze probatorie anche registrazioni audio/video su supporti analogici o digitali. L’intero programma di politica economica di Metesis è disponibile su www.metesis.it.