Anche quest’anno con l’estate alle porte ho raccolto ed analizzato la consueta hit parade dei dubbi finanziari che assillano la mente dei piccoli investitori e risparmiatori italiani. Diciamo subito che quanto è accaduto nei primi tre mesi del 2020 con grande presunzione muterà il corso della storia umana per sempre. Il coronavirus di Wuhan oltre che far comprendere la paura della morte più da vicino ha creato le condizioni per una accelerazione improvvisa ed inaspettata alla digital revolution ed a tutto quello che essa comporta. La pandemia dapprima ha spostato l’attenzione sulla crisi sanitaria che ha trovato impreparate numerosi nazioni occidentali, successivamente si è trasformata in uno shock finanziario temporaneo ed ora si appresta a diventare una nuova recessione mondiale con centinaia di milioni di nuovi disoccupati a livello mondiale. Il drammatico crollo delle quotazioni azionarie a cui abbiamo assistito durante il mese di marzo ha scoperchiato il vaso di Pandora: tutte le asset class sono state colpite da un brutale sell-off, solamente l’oro è riuscito a non soccombere per alcune settimane in forza della sua vocazione a bene rifugio per antonomasia.
I fondi comuni di investimento hanno dovuto vendere tutto quello che hanno potuto per far fronte alle richieste di smobilizzo della loro clientela: nel momento di massimo acme finanziario quando il panico sanitario si è trasformato in isteria collettiva (ricordate le corse ai supermercati ad acquistare la carta igienica) nessuno voleva più rimanere investito, pretendendo la liquidazione delle sue posizioni a qualsiasi costo. Da cash is trash si è passati in poche settimane a cash in hand is king: voglio i soldi sul conto, punto e basta, costi quel che costi. Questa volta le banche centrali sono intervenute con una maggiore efficacia e tempestività rispetto a quanto fecero con la Grande Recessione del 2008. Durante il mese di aprile il clima finanziario ha lentamente iniziato a migliorare più che altro perchè sul fronte sanitario si è iniziato a ricevere notizie di conforto sulla dinamica di propagazione del contagio. Per poter investire in questo momento si deve comprendere la differenza sostanziale di scenario monetario tra il 2020 ed il 2008: il livello dei tassi di interesse, i quali a fine pandemia scopriremo essere a livelli inferiori rispetto a quelli di fine 2019. A quel punto la maggior parte dei piccoli investitori comprenderà che dovrà d’ora innanzi pagare per mantenere semplicemente solo la liquidità in conto.
L’esatto opposto di quello che accadde nel 2008 in cui le banche in pieno dissesto finanziario facevano a gara ad offrire lauti interessi sui nuovi depositi. Nel 2020 le banche non sono attori di mercato a rischio: le cure di ricostituenti a cui sono state obbligate nei dieci anni prima le hanno rese più resilienti e più solide patrimonialmente. Oggi sono le piccole imprese e le attività di impresa autonoma ad essere a rischio default: per questo motivo sono stati varati imponenti programmi di sostegno al reddito ed interventi di assistenza finanziaria per le PMI che hanno aumentato drasticamente i livelli di indebitamento degli stati portandoli anche oltre il 150% in appena due mesi (come il caso italiano). I tassi di interesse dovranno per questo essere giapponesizzati per almeno un decennio, consentendo alle nazioni occidentali di riprendersi dallo shock produttivo e dall’ibernazione economica. Probabilmente non si vedranno mai più tassi di interesse superiori al 2% nel caso di titoli di stato in area euro o dollaro di ottima qualità: torneremo a condizioni peggiori di quelle che si avevano sui mercati finanziari alla fine del 2019 in cui non vi era la ricerca di rendimento, ma letteralmente la caccia agli asset che permettevano di remunerare il capitale.
Il 2020 ci lascerà in eredità l’era dei tassi di interesse negativi, che assomigliano molto bene alle sabbie mobili, facile entrarvi, molto difficile uscirvi. Oltre a questo dobbiamo aggiungere anche numerosi cambiamenti epocali nel modo di lavorare, produrre, comunicare, acquistare ed anche socializzare. Il 2020 con la pandemia di Covid-19 apre le porte alla global disruption revolution: tra dieci anni si pentirà amaramente chi oggi non avrà colto questa opportunità storica di cambiamento dell’economia mondiale cercando di posizionarsi tatticamente nei nuovi drivers della crescita economica mondiale che mettono in discussione gran parte delle precedenti certezze: il nuovo scenario che si sta delineando solo sul mercato petrolifero dovrebbe far comprendere questo, al pari del fallimento di Hertz o l’incognita sul futuro di AirBnB o Ryanair. Per cercare di dare un aiuto con indicazioni pratiche, commenti e note tecniche all’intera community dei lettori, ho provveduto a redigere anche quest’anno il consueto report finanziario denominato STRATEGY REPORT FINANCIAL EDITION 2020 in cui sono contenute soprattutto indicazioni operative con modelli di portafoglio per effettuare un reset alla propria asset allocation: in risposta alle numerose richieste, il report è stato volutamente semplificato nella sua esposizione e composizione rispetto alle precedenti edizioni al fine di facilitarne la comprensione e la sua utilizzazione pratica.